Considero i Witchwood uno dei gruppi più talentuosi della scena “vintage rock” contemporanea, uno di quelli capaci di distinguersi per la sua impressionante forza espressiva, in un contesto dove è molto facile scadere nel manierismo e nell’approccio calligrafico.
Un risultato che arriva “da lontano” e di cui questi
Buttered Bacon Biscuits rappresentano un importante
step evolutivo.
Nati nel 2008, i nostri pubblicano “
From the solitary woods” nel 2009 (per poi giovarsi l’anno successivo della distribuzione Black Widow Records), palesando fin da subito una spiccata attitudine per l’
hard-prog e la psichedelia dei
seventies e ottenendo buonissimi riscontri di pubblico e critica.
Un cambiamento d’interessi in alcuni membri del gruppo porta bruscamente alla sua dipartita, mentre
Ricky Dal Pane, voce e principale compositore di musiche e testi, consapevole della bontà del progetto, decide di continuare con una nuova denominazione, portando con sé
Stefano Olivi e
Andrea Palli (proveniente dai Bad Ambition ed entrato nei
B.B.B. alla fine del 2010), per la nuova avvincente avventura musicale concretizzatasi (finora) in due gioiellini in note denominati “
Litanies from the woods” e “
Handful of stars”.
Questa ristampa curata dalla
Jolly Roger Records (l’attuale etichetta dei Witchwood), pubblicata anche in vinile e aggiornata nella grafica di copertina, è l’occasione per (ri)scoprire quanto i
Buttered Bacon Biscuits fossero abili nel dichiarare apertamente il proprio amore per Deep Purple, Uriah Heep, The Allman Brothers Band, Pink Floyd, Led Zeppelin e Atomic Rooster senza per questo sentirsi “in imbarazzo”, dimostrando che anche la devozione più radicata può produrre canzoni di grande valore artistico, piuttosto variegate e molto intense.
Nell’albo troverete vibranti pulsazioni di marca Free/Heep/Purple-
iana come “
Losin' my pride” e “
I hope you're feeling bad” e le sonnacchiose scorie
southern di “
Another secret in the sun”, ma anche il liquido lirismo strumentale di "
Essaouira”, la tensione drammatica di "
Into the wild” e le fosche suggestioni
folk di "
No man's land”, e quando il quadro complessivo si completa, infine, con la solenne opulenza di "
State of mind” e il travagliato ardore
rock n’ blues di “
Cross-eyed Jesus” appare chiaro che l’opera è da ritenersi una sequenza di frammenti sonori che probabilmente non cambieranno la “storia” della musica e tuttavia si fanno ricordare per la loro incisività compositiva e per il prepotente trasporto emotivo che cagionano nei sensi dell’ascoltatore.
Se ancora non l’avete fatto, è giunto il momento di aggiungere “
From the solitary woods” alla vostra preziosa collezione di dischi … l’attesa per un nuovo lavoro dei Witchwood sarà certamente più lieve …
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