Nell'angolo blu la tradizione del melodic hard rock / AOR yankee degli eighties; nell'angolo giallo-rosso (i colori della bandiera Spagnola eh, non quelli della Roma ...) gli Airless, una giovane band iberica pronta a capeggiare un ristretto manipolo di connazionali (91 Suite, Nexx, Ice Blue, Eden Lost), impegnato nel tentativo di detronizzare o quantomeno eguagliare i grandi maestri del settore.
Questo secondo round (esordio self-titled su Vinny Records nel 2002) sarà sufficiente a decretare, come dichiarano le note promozionali della Lion, l'ingresso della band nell'elite dell'hard rock melodico o il match si risolverà prima del limite, ancora una volta con una vittoria schiacciante dei "vecchi" luminari, come in precedenza avvenuto nella modesta esibizione degli Eden Lost, già analizzati dal sottoscritto su queste pagine?
Il problema principale degli Airless è un po' lo stesso che affligge gli appena menzionati colleghi e cioè la mancanza d'incisività nella stesura dei pezzi, che solo piuttosto sporadicamente riescono ad imprimersi nella memoria, emozionando o stimolando l'ascoltatore a quegli spesso "indegni" tentativi di riproduzione vocale che normalmente si consumano nella propria stanzetta al riparo dell'eventuale pubblico ludibrio o, al limite, nella calca di un concerto dove le stonature vengono mitigate dall'aspetto "corale" della situazione e il fatto di trovarsi in mezzo ai propri pari, condividendo passioni e anche magari simile incompetenza canora, riesce ad infondere il necessario coraggio.
Qui fortunatamente, però, le difficoltà sembrano meno evidenti, anche grazie alla buona vocalità di Iñaki Lazkano e all'estrosa chitarra di Robert Rodrigo, vero e proprio dominatore dell'album, con il suo stile istrionico e virtuosistico, ma anche sufficientemente emozionale da evitare la "freddezza" di un'esibizione esclusivamente fine a sé stessa (seguendo prevalentemente le orme dei maestri Van Halen e Lynch).
Sono ancora una volta i nomi di Bon Jovi e Dokken (con qualcosa degli Harem Scarem degli esordi), quelli da citare come fonti ispirative primarie, completate anche da una propensione alla dottrina melodica di derivazione scandinava (in questo senso, a grandi linee, si possono menzionare Europe, Fate e Dalton) e le tracce più convincenti, nelle quali queste influenze sono illuminate anche da una minima dose di personalità, si chiamano "Prayers are not enough", "It's up to you", "Cross the line", "The storm" (eccolo un brano veramente riuscito, contrassegnato da un granitico guitar work) e "Never fall in love".
Degni di segnalazione sono ancora il gradevole strumentale vagamente Satriani-eggiante "The good times" e l'atipica conclusione "The darkness", la quale, onorando il suo titolo, manifesta un incremento in "oscurità" e "pesantezza" delle linee armoniche (gradevole il finale "orchestral-dark"), lasciando intravedere un possibile futuro sviluppo sonoro abbastanza interessante.
La seconda ripresa si conclude senza un evidente knock-out dei nostri e questo dovrebbe già essere considerato come un motivo di plauso, vista la statura artistica dell'"avversario", mostrandoci gli Airless come un "pugile" agile e brioso, in possesso di una discreta tecnica di "combattimento" e capace anche di buoni colpi, i quali però, allo stato attuale, anche quando messi a segno (vedasi gli appena menzionati brani migliori) non fanno vacillare più di tanto il "campione", senza contare che spesso mancano ancora un po' troppo frequentemente il "bersaglio grosso" per poterlo preoccupare seriamente nell'ottica di un'eventuale sconfitta finale. La strada mi sembra quella corretta, serve probabilmente soltanto un po' d'allenamento in più e il riuscire a trovare nelle proprie movenze compositive, un'arma maggiormente sorprendente, efficace ed incisiva.
Non bisogna scoraggiarsi, però, in fondo anche un "colosso" come Mike Tyson sembrava imbattibile ...
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?