Vorrei parlare di
"Storia Di Un Minuto" ma non so bene da dove partire. Vorrei parlarne perché entro l'anno uscirà il preannunciato
"Emotional Tattoos" - primo album di musica originale marchiata
PFM da undici anni a questa parte. Vorrei parlarne perché, quando lo acquistai, andavo alle medie e dovevo decidere, con l'inizio delle superiori, se continuare a studiare musica "seriamente" o se limitarmi a una frequentazione sporadica della medesima senza faticosi approfondimenti e conseguenti investimenti di montagne di tempo sullo strumento (per la cronaca, il pianoforte).
È troppo facile dire che siamo al cospetto di
"uno degli album più importanti di sempre della storia della musica italiana".
"Storia Di Un Minuto", per quanto mi riguarda, è "andato oltre", e proprio per questo gli sono particolarmente affezionato. La prima fatica discografica della
PFM - di cui, diciamocelo, è già stato detto tutto - non mi impressionò tanto per a perizia strumentale di
Mussida e soci (comunque impressionante), quanto per l'estro compositivo della band italiana, capace di ispirarsi ai mostri sacri dell'epoca (Yes, Genesis, King Crimson) ma allo stesso tempo di sfoggiare una personalità unica e una maturità frutto di anni di gavetta nel beat (I Quelli, Krel) e in sala di incisione (
Lucio Battisti e
Fabrizio De Andrè, per fare due nomi, usufruirono spesso dei servigi dei membri del quintetto per produrre i propri album).
E così decisi che non avrei studiato pianoforte. Avrei studiato composizione. Volevo capire cosa c'era dietro a quelle scelte così coraggiose (un ritornello non cantato??), a quei suoni derivativi ma allo stesso tempo originali (impiegai mesi a capire cosa erano il "mandocello" e il "piano a puntine"), a quegli arrangiamenti che mettevano a sistema melodie commoventi (
"Impressioni Di Settembre"), musica popolare (
"È Festa"), sonorità medievaleggianti (
"Dove... Quando... - Parte I"), jazz (
"Dove... Quando... - Parte II"), hard rock (
"La Carrozza Di Hans"), avanguardia (
"Grazie Davvero") e chi più ne ha più ne metta.
Inutile dire che gli studi di composizione non mi svelarono mai "i trucchi" alla base dei miei dischi preferiti - e probabilmente è giusto che gli stessi rimangano avvolti nel mistero - ma una cosa mi è rimasta: la curiosità di capire
"come è stato possibile".
Lo so, alla fine ho parlato poco e niente di
"Storia Di Un Minuto". E forse non volevo nemmeno farlo davvero. Ma spero che vi sia venuta voglia di (ri)ascoltarlo.
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