Recensire il disco di un gruppo storico e per di più italiano come la
Pfm, mette un po’ sempre in soggezione. Dopo gli esperimenti un po’ troppo “stucchevoli” delle compilation di De Andrè e Pfm in Classic, ecco finalmente il primo album di inediti dopo quattro anni e devo dire che la band ha fatto centro. Giusto per chiarire, della Pfm io amo soprattutto il periodo meno progressive e piu’ rock a cavallo dei primi ’80 con albums quali
“Suonare Suonare” e
“Come Ti Va” , tuttavia il progressive presente in questo “
Emotional Tatoos” è molto sfumato, di sottofondo, ci sono innanzitutto delle grandi melodie sorrette da un prog-rock abilmente mixato, uso si synth, violini, ampie orchestrazioni mai invasive, riff di chitarra decisi ma leggeri, insomma l’ascoltatore è traportato in un’esperienza sonora energica, immaginaria e sognante allo stesso tempo. Il disco, pur non essendo affatto ostico, richiede qualche ascolto per essere pienamente assimilato ma credo ne valga la pena anche se probabilmente i fan puristi di vecchia data storceranno un po’ il naso, magari per le sonorità troppo moderne. Il disco è inciso sia in inglese che in italiano ( gli stessi brani sono quindi in due versioni ) e da punto di vista della liriche è una sorta di riflessione sul nostro pianeta e sull’umanità, così come sul rapporto fra musica e sogno; non mancano i testi di “denuncia” ( es “
Quartiere Generale”, sulla politica ) anche se in generale sono abbastanza ermetici.
Dal punto di vista del songwrting ci sono, a mio avviso, alcune perle quali l’ammaliante
“Il Regno”, la classic-prog “
La Stanza Degli Specchi”, la già citata rockeggiante “
Quartiere Generale” e la conclusiva “
Big Bang”, la line up vede gli storici Di Cioccio alle vocal e alle pelli, Djivas al basso e Fabbri al violino, manca il grande Mussida alle sei corde, peccato, anche se il buon Marco Sfogli fa un egregio lavoro.
Se non conoscete la Pfm ( cioè se siete troppo giovani o siete vissuti sulla Luna in questi ultimi decenni ) , questo disco potrà essere un valido compendio anche se “i classici Pfm” sono indubbiamente quelli dei ’70 con buona pace di tutti!
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