Copertina 7

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2022
Durata:44 min.
Etichetta:Stickman Records

Tracklist

  1. THE LADDER
  2. THE FLOWER OF AWARENESS
  3. MONA LISA AZRAEL
  4. CHARIOT OF THE SUN TO PHAETON ON THE OCCASION OF SUNRISE- (THEME FROM AN IMAGINED MOVIE)

Line up

  • Bent Sæther: vocals, bass, guitar, keyboards
  • Hans Magnus Ryan: guitar, backing vocals, keyboards
  • Tomas Järmyr: drums

Voto medio utenti

“Psichedelia, ti fai gli acidi e poi sei in acido
Psichedelia, ti fai le basi e poi sei basico
E quanti bei colori, potere dei fiori, che bello
E chimiche emozioni, mancate erezioni, che bello lo stesso
Psichedelia, tutte le teste ti porti via
Tutti i neuroni ti porti via”

[“Psichedelia” da “Tutti gli uomini del deficiente” di Elio e le Storie Tese Feat Lucio Dalla]

Prolifici come pochi, questi freaks norvegesi amanti dello Space Rock più lisergico e degli Hawkwind più duri e distorti, tornano ad un solo anno di distanza dal loro precedente lavoro e tanto per cambiare, cambiano nuovamente pelle con un album che seppur non si allontani di molto dai generi toccati dai Motorpsycho, ha un diverso modus operandi nel trattare le idee qui contenute.

Con questo "Ancient Astronauts" (bella copertina a proposito!), al posto di fare una tracklist pregna di canzoni dalle durate più umane e concise come fatto con il discreto “Kingdom of Oblivion”, si ritorna a quello che io definisco "formato da vinile", ovvero con una parte del disco formata da brani più o meno brevi e l'altra parte invece composta da una singola canzone dall'abbondante minutaggio.

Si guarda sempre alla Psichedelia di fine anni '60, ma lo Space Rock ruvido e lisergico tipico di molti lavori, come un certo Folk, vengono sostituiti da una vena Prog sempre sibillina nella carriera di questi musicisti.
Parti intime, eleganti e raffinate (che possono ricordare a tratti i King Crimson placidi e ondivaghi di quel capolavoro di "Islands") si fanno da parte per evoluzioni strumentali nervose, fatte da un imbizzarrito Jazz Rock oscuro, che spesso sfiora la ruvidezza di certo Hard Rock.

Album come da tradizione dei Motorspycho interessante e pieno di stimoli, seppur non sempre le idee siano a fuoco e qualche lungaggine di troppo sia presente, ma con pause così brevi tra un lavoro e l'altro immagino che ciò sia inevitabile, contando poi che stiamo parlando di gente che è in giro da più di trent'anni.

I venti e rotti minuti della suite finale sono un tema per un film immaginario e questo mi ha ricordato nelle intenzioni quanto fatto più di cinquant'anni fa da Le Stelle Di Mario Schifano.
Tutto questo di sicuro è una confort zone sicura per gli estimatori di questi fricchettoni mancati.

Recensione a cura di Seba Dall

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