Album numero due per
Il Confine (“…
la linea di demarcazione che separa l'ordine dal caos …”, allettante, no?), gruppo brindisino dedito a un
rock alternativo piuttosto melodico e, per certi versi, “radiofonico” (qualcosa tra i Tiromancino e gli Smashing Pumpkins, passando per i Placebo, volendo fornire al lettore qualche generica coordinata comparativa).
Ispirato a Pryp’jat, la città fantasma situata a nord dell’Ucraina abbandonata dopo il disastro nucleare alla centrale di Cernobyl del 1986, “
Il cielo di Pryp' Jat” è un lavoro dagli effetti emotivi altalenanti, che attrae quando la tensione sale di tono e un po’ meno quando le melodie si fanno eccessivamente suadenti e “adulatrici”.
Il tentativo di mescolare in un unico crogiolo musicale svariate suggestioni stilistiche (
pop,
rock, scorie
prog e
metal, scosse
post-grunge, addirittura il canto lirico, grazie all’ospite
Riccardo Cecchi, ne “
La sintesi” …), encomiabile nelle intenzioni, non sempre si traduce in un
songwriting compatto e convincente, e se a questo aggiungiamo la voce talvolta forzatamente “impostata” di
Ercole Buccolieri, il programma finisce fatalmente per alternare momenti piuttosto interessanti ad altri decisamente più trascurabili.
E così la coinvolgente e poderosa costruzione armonica di “
Eccedere e cedere” si disperde in un cantato poco efficace e in un
refrain abbastanza prevedibile, “
Tentacoli” e la
title-track ostentano una bella energia e interessanti diversioni sonore, mentre “
Abissi”, eccessivamente “dolciastra”, “
Duemilacentotre”, solo gradevole, e “
Vitrei dedali”, con la sua enfasi un po’ posticcia, avvicendano buone intuizioni a palese convenzionalità.
Se l’esperimento “sinfonico” de “
La sintesi” appare nuovamente una soluzione espositiva riuscita solo in parte (bello il crescendo …), con i suoni inquieti e la sentita interpretazione vocale concessa a “
L’ultimo giorno” le cose migliorano sensibilmente, allo stesso modo in cui “
I paradossi del tempo” e “
Un giorno senza vita” non spiacciono grazie ad un’affinata calibrazione tra intensità e ricerca melodica.
Conclusione affidata “
Il concetto di dose”, impreziosita dall’incisiva laringe di
Annaclaudia Calabrese, un altro esempio delle buone qualità complessive di un gruppo sicuramente valido e sagace (intriganti anche i testi, che si prefiggono di condurre l’astante in un viaggio attraverso la natura umana, rilevando quanto le scelte del presente potranno determinare il suo futuro …) e tuttavia bisognoso di incrementare la focalizzazione espressiva e la maturità artistica.
Per ora una sufficienza piena, in attesa di un qualcosa di più …
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