Tempo di
comeback anche per i norvegesi
Wobbler, assenti dalle scene dal 2011 e tornati in pista grazie all'interessamento della sempre attiva
Karisma Records. Il prog nostalgico e ultraderivativo del quintetto trova compimento in quattro tracce in cui il divertimento principale dell'ascoltatore sta nel trovare i riferimenti più o meno palesi agli album preferiti dalla band.
Si parte con la lunga titletrack,
tour-de-force che parte dalle sonorità di Yes, Gentle Giant e Jethro Tull per sfiorare tutti i grandi nomi dei Seventies: si sentono i Caravan e i Soft Machine nelle tastiere, i Genesis nelle linee vocali e nelle trame chitarristiche, Moody Blues e King Crimson nell'approccio al mellotron, tanto prog italiano (alcuni nomi, Balletto Di Bronzo, Metamorfosi e Museo Rosenbach) nei momenti più concitati. I due minuti strumentali dai toni soffusi e romantici incentrati sulle tastiere di
Frøislie di
"Rendered In Shades Of Green" sfociano nella mini-suite
"Fermented Hours", con tanto di liriche in italiano. Qui si percepiscono echi di Van Der Graaf Generator,
"Larks' Tongues In Aspic" e
"Close To The Edge", con un pizzico di ELP nello stile dell'organo Hammond. E ancora
"Storia Di Un Minuto", "Tales From Topographic Oceans", "Foxtrot" e
"Per Un Amico" nella conclusiva
"Foxlight". Olé.
"From Silence To Somewhere" condensa dieci anni di prog classico in poco più di tre quarti d'ora, e senza dubbio farà la gioia di chi sa veramente apprezzare questo aspetto. Purtroppo però, io non appartengo a questa categoria di uditori, e mi limiterò a riconoscere le indiscutibili capacità dei
Wobbler nel fare tesoro degli insegnamenti del passato.
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