Ecco tornare sotto l'egida della Frontiers un altro "supergruppo" composto da pezzi da '90, quali
Deen Castronovo (Journey) alla batteria e alla voce,
Jack Blades (Night Ranger, Damn Yankees) al basso ed al canto,
Doug Aldrich (Whitesnake, Dio, Lion, Hurricane, Dead Daisies) alle chitarre, con l'aggiunta del produttore/autore/tastierista
Alessandro Del Vecchio e tutto ciò non poteva che catapultarci in un come back agli eighties, ma dal sapore un po' troppo deja-vu a mio parere.
Intendiamoci, non siamo certo di fronte ad un brutto disco, d'altronde con una simile line up sarebbe stato impossibile, eppure dopo un ascolto (eh si, stavolta voglio dare credito alla "prima impressione", spesso la più veritiera) si respira un'aroma agrodolce. Ma vediamo nel dettaglio ed ecco che dopo la grandiosa titletrack in apertura, che rimanda ai Whitesnake del periodo 1987, ci viene proposto un brano decisamente ordinario quale "
Freedom" che si apprezza principalmente per il tappeto di Hammond e il consueto gran lavoro chitarristico di Aldrich, con "
Ride On" il ritmo si alza grazie a una linea melodica e a un solo vincenti, poi arriva l'immancabile lentone voce/piano
"I Wouldn't Chance A Thing" che risulta un po' troppo sdolcinato (con un cantato totalmente alla Steve Perry!). Per fortuna la successiva
"Don't Surrender" unisce alla solita massiccia dose di melodia, un riffing hard rock efficace ed un chorus contagioso, "
Take You Down" parte dura con la chitarra e si muove su un mid tempo sostenuto da una base melodica fenomenale, stesso discorso per l'articolata "
The Storm Inside" con il riffama di Aldrich (vero mattatore del disco) sugli scudi.
"
Can't Run Away From Love" è un'altra ballad meno scontata della precedente e per questo più piacevole col suo alternarsi fra parti di piano ed inserti elettrici,
"Running On The Edge" è un episodio frizzante col solito chorus coinvolgente ma tutto sommato prevedibile, con
"Another Chance" la chitarra ruggisce su un tappeto di tastiere che fanno da base a vocals davvero incisive;
"Falling Apart" chiude il lavoro muovendosi su una melodia struggente che rimanda ancora ai Whitesnake più tranquilli e anche qui Aldrich è da urlo, il finale è a sfumare.
Ci si poteva aspettare qualcosa di più o di diverso da un gruppo come questo? Non credo, con questo secondo full length i Nostri dimostrano che la lezione dei grandi (
Journey e
Whitesnake su tutti) è stata assimilata e divulgata al meglio ma forse sta proprio qui il "limite" del gruppo, nell'essersi affidati troppo ad un " deja - vu nostalgico " a discapito di una maggiore originalità.
Siamo comunque di fronte ad un lavoro di gran classe, se amate il Melodic Hard Rock, fatevelo vostro senza indugi.