“Unparalleled universe”, ottavo album in carriera per gli
Origin, segue di tre anni l’uscita del controverso “
Omnipresent” (ad alcuni piacque da morire, altri lo trovarono asettico) può esser riassunto con una semplice frase: l’ennesima mazzata sulla nuca.
Sulle capacità tecniche del quartetto credo che nessuno di noi possa contestare alcunché: le rapidissime esecuzioni di
Paul Ryan sono di una precisione disarmante, così come l’intera sezione ritmica del duo
Flores/Longstreth, rispettivamente basso e batteria, crea un muro impenetrabile (in alcuni frangenti fin troppo impenetrabile da quanto è serrato, ascoltare le prime due canzoni in sequenza per conferma)
La bravura della band è sempre stata quella di conciliare il mix di tecnica/brutalità/dinamicità cercando di non cadere nel monotono mitragliamento a tappeto per quaranta minuti e “
Unparalleled universe” si attiene a questa legge non scritta, presentando al suo interno una varietà di soluzioni che però hanno la tendenza a prediligere le ritmiche serrate di cui sopra rendendo ostica l’identificazione anche dopo diversi ascolti.
Dopo la doppietta tritaossa di “
Infinitisemal to infinite” e “
Accident and error”, con le successiva
“Cascading failures” e “
Mithriadatic” si comincia ad avvertire una progressiva variazione delle ritmiche (o “
Truthslayer” somiglia dannatamente alle cose più recenti dei
Malevolent Creation o io non capisco più nulla di musica estrema!) fino a giungere alla parte finale del disco dove il riffing presenta diversi accenni armonici (v. “
Burden of presience”) fino alla suite (oltre nove minuti) “
Unequivocal”.
L’album termina, come da abitudine, con una cover: questa volta è toccato ai feroci
Brujeria e alla loro “
Revolucion” l’onore di chiudere
“Unparalleled universe”, disco che pur osando meno di quanto sperassi, riesce a svolgere adeguatamente il proprio compito.
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