“
Separare gli uomini dai ragazzi” … l’esibizione degli
L.A. Guns apprezzata nella scorsa edizione del
Frontiers Rock Festival sembrava votata proprio celebre motto di
Nugent-iana memoria, ed è innegabile che il ritorno del degenerato connubio “storico”
Phil Lewis /
Tracii Guns in quella circostanza abbia, in effetti, ristabilito in qualche modo le “gerarchie”, tracciando un solco tra loro e molti altri interpreti dello
street-metal con minore esperienza alle spalle.
Oggi che il gruppo è chiamato a confermare tali impressioni anche nel difficile impegno discografico “inedito”, le cose si complicano ulteriormente, senza la protezione di quegli
hit ormai entrati a far parte degli annali del settore.
Ebbene, allora diciamo subito che “
The missing peace” è un grande
album, pieno di adrenalina e grinta, ma anche sufficientemente ricco di sfumature tali da non renderlo eccessivamente monocromatico.
Qualche sporadico calo di tensione (si poteva, in particolare, “pretendere” qualcosa di più dall’algida
ballatona “
Christine”) non inficia oltremodo gli effetti complessivi di un programma che piazza subito due frammenti di adescante rudezza “stradaiola” come “
It’s all the same to me” e “
Speed”, incontestabili testimonianze di un’attitudine e di una carica ancora impetuose e irriverenti.
“
A drop of bleach” rende maggiormente cupo e malsano il clima sonoro, mentre “
Sticky fingers” è semplicemente un irresistibile
anthem di sferzante
metallo di strada, con appena un pizzico del mitico
Alice Cooper inserito nell’impasto sonico.
Si prosegue con una "nuova” “
Ballad of Jayne”, come anticipato, troppo “fredda” e manieristica per impressionare a fondo, e anche le successive “
Baby gotta fever” e l’Aerosmith-
esca "
Kill it or die”, a causa di soluzioni ampiamente prevedibili, non vanno oltre una superficiale gradevolezza.
A risollevare le sorti della raccolta ci pensano prontamente “
Don’t bring a knife to a gunfight”, avvolgente e magnetica, “
The flood’s the fault of the rain”, una brillante via di mezzo tra “
Don’t cry” (dei “cugini” GNR) e “
The house of the rising sun” (portata al successo dagli Animals) e “
The devil made me do it”, una lezione pratica di elettrizzante
sleaze-rock per tutti i nuovi accoliti del genere.
Discorso a parte, infine, meritano la
title-track dell’opera e “
Gave it all away” … la prima con le sue atmosfere
Zeppelin-iane e un assolo bruciante e la seconda gravida di enfatica decadenza e di crudo melodramma urbano, rappresentano la risposta migliore da indirizzare a chi aveva messo in discussione a priori il livello d’ispirazione di questa ennesima
rappacificazione.
Gli
L.A. Guns attestano il valore della “vecchia guardia” e lo fanno con un disco che in fatto di vocazione, energia e talento può insegnare davvero molto … ora speriamo che
Phil e
Tracii continuino a fare, insieme, quello per cui sembrano essere nati … si chiama
Rock n’ Roll e in occasioni come queste sa ancora suscitare enormi soddisfazioni.