Copertina 6,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2017
Durata:37 min.
Etichetta:Wrath of the Tyrants Records
Distribuzione:ATMF

Tracklist

  1. INTRO
  2. RISE OF THE IMMORTALS
  3. DRAUT GADDUR
  4. ISILDUR’S BANE
  5. THE BAN OF WISDOM
  6. PROUD & FEEBLE MEN
  7. DARK SKIES OF BLACK TIMES
  8. RAGE IN THE NIGHT

Line up

  • Noatún: guitars, vocals
  • Gothmog: bass
  • Enrico Baggio: drums

Voto medio utenti

Per la serie piccoli Tolkien crescono, oggi vi presentiamo i brasiliani (!) Khazad Dûm i quali vanno ad aggiungersi alla lunghissima pletora di band che dal grande scrittore inglese hanno preso monicker e tematiche.
Il terzetto carioca secondo quanto scrive la loro casa discografica, la piccola Wrath of the Tyrant Records (divisione della ATMF), si ispira ai primissimi lavori di Abigor e Summoning declinandoli, però, in una chiave più tipicamente black metal.
Ora, se è vero che qualche influenza dei primi è certamente riscontrabile in "Garmadh" mentre dei Summoning io non ho sentito niente, è anche vero che i Khazad Dûm, in realtà, ci offrono un black metal vecchio "stampo", epico, con alcune buone intuizioni melodiche (“The Ban of Wisdom” gode di ottimi intrecci chitarra/tastiera) e con un piede ancorato nell'heavy metal più classico soprattutto per quanto concerne gli assolo di chitarra e certe atmosfere che i Nostri riescono a creare.
"Garmadh" è, dunque, un EP piuttosto lineare, quasi "facile" nel suo essere diretto e senza troppi fronzoli, caratterizzato da una buona registrazione e dalla capacità, non da tutti, di saper alternare in maniera convincente momenti più oscuri ad altri più melodici, in un certo modo medievaleggianti (“Dark Medieval Times” è un album che i brasiliani devono conoscere molto bene...) caratteristiche queste che rendono l'album interessante seppur non troppo originale.
In conclusione credo che questi brasiliani abbiano del talento che potrebbe portarli, in futuro, a realizzare qualcosa di affascinante: se così non fosse, almeno ci resta "Garmadh" una valida alternativa ai soliti grandi nomi (o presunti tali).
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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