Che i gruppi prog/fusion strumentali siano prepotentemente tornati "di moda" da alcuni mesi a questa parte è cosa nota (Glass Mind, Invoking The Abstract, Nova Collective, sono solo i primi nomi che mi vengono in mente), e dato che in redazione tutti i dischi di questo tipo passano dalle mie mani non potevo non accaparrarmi il nuovo full-length degli ungheresi
Special Providence, attivi dal lontano 2004.
Si scrive "fusion" ma si legge "progressive metal", come è chiaro già dall'introduttiva
"Akshaya Tritiya", opener non azzeccatissima che mette a sistema
gamelan e melodie poco incisive. Va meglio con
"Irrelevant Connotations", cervellotica ma "carica" alla maniera dei Planet X, così come la successiva
"A Magnetic Moment", un po' Invoking The Abstract e un po' OSI. L'essenziale titletrack - che ha qualcosa dell'
Hiromi Uheara elettrica - anticipa
"Neptunian Pyramid Chill", dove i nostri giocano la carta del metal a 360°.
"Slow Spin" è a suo modo sperimentale, con i suoi synth persistenti che fanno da tappeto alle idee ritmiche/melodiche più disparate della coppia
Markó/Kertész, e contrasta con la più smorzata
"The Rainmaker", dove spicca il solo di basso di
Attila Fehérvári. L'ottima
"Mos Eisley" rimanda ai sopraccitati Nova Collective, mentre
"The Ancient Cosmic Bubble" è fin troppo claustrofobica anche nei momenti più rilassati. L'intricata ma dinamica
"Distant Knowledge" chiude a dovere un album "per addetti lavori" ma complessivamente riuscito.
Abili e arruolati. Sotto a chi tocca...
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