Quello che facciamo è blues per il terzo millennio … isterico e schizofrenico come i nostri tempi.Questo è in estrema sintesi ciò che sembrano voler proclamare gli svedesi
Badge (
Hardcore blues from Sweden, campeggia sulla loro pagina
Facebook …) e, in effetti, bisogna ammettere che la miscela dissonante e vorticosa di Queens Of The Stone Age, Raging Slab, Clutch, The Black Keys,
Johnny Cash,
Jack White e Led Zeppelin che propongono lascia abbastanza “interdetti”, e non solo al primo ascolto.
Il problema è che tanta propensione creativa, eticamente apprezzabile, alla fine lascia un po’ poco, se non l’impressione abbastanza netta di un’occasione persa.
Cercherò di spiegarmi meglio … non ci sono dubbi che
Matti Norlin e
Fredrik Haake, fondatori del progetto, e il loro sodale
Lennart Zethzon, siano musicisti competenti e ingegnosi, tuttavia ritengo che la loro esigenza di “originalità” travalichi il concetto di “godibilità” musicale, arrivando a sorprendere l’intelletto dell’astante senza riuscire a sollecitare in profondità la totalità delle sue facoltà sensoriali.
Una conferma, insomma, che contaminazione e innovazione rappresentano un pericolosissimo terreno minato e che raramente un “rompicapo” sonoro diventa anche un’esperienza emotiva piena e appagante.
Volendo aggiungere un pizzico di gusto per l’iperbole “sensazionalistica” potremmo asserire che non si diventa Primus, Minutemen, King Crimson o Black Flag per “caso” e anche senza scomodare paragoni (troppo) illustri diciamo solamente che i fraseggi cacofonici e gli accostamenti ispidi di “
If it hurts it must be good” non sempre hanno la necessaria forza espressiva per convincere e superare una forma di auto-indulgenza abbastanza spiccata.
Alla fine i momenti migliori dell’opera finiscono per essere quelli in qualche maniera maggiormente “convenzionali” (“
Trapdoor”, “
In the eye of the storm”, “
Traitor” e “
Yep to come”) oppure gli episodi in cui il
blues è una semplice suggestione immersa in nevrotiche accelerazioni dal clima “industriale” (“
Reap what you sow”).
Continuiamo a essere avidi di suoni nuovi, “strani” e stimolanti e a plaudere chi ha l’audacia e la personalità di frequentarli, ma per ora assegniamo ai vivaci
Badge solo una sufficienza, in attesa che nella loro perizia e nel loro eclettismo si accenda anche la scintilla dell’emozione.
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