Badge - If It Hurts It Must Be Good

Copertina 6

Info

Anno di uscita:2017
Durata:37 min.
Etichetta:Pride & Joy Music

Tracklist

  1. REAP WHAT YOU SOW
  2. THE GAME
  3. TRAPDOOR
  4. IN THE EYE OF THE STORM
  5. WE WILL SEE LIGHT
  6. TRAITOR
  7. STEP ASIDE
  8. MAPPED OUT TRAIL
  9. YEP TO COME

Line up

  • Matti Norlin: vocals, guitar
  • Lennart Zethzon: bass
  • Fredrik Haake: drums

Voto medio utenti

Quello che facciamo è blues per il terzo millennio … isterico e schizofrenico come i nostri tempi.
Questo è in estrema sintesi ciò che sembrano voler proclamare gli svedesi Badge (Hardcore blues from Sweden, campeggia sulla loro pagina Facebook …) e, in effetti, bisogna ammettere che la miscela dissonante e vorticosa di Queens Of The Stone Age, Raging Slab, Clutch, The Black Keys, Johnny Cash, Jack White e Led Zeppelin che propongono lascia abbastanza “interdetti”, e non solo al primo ascolto.
Il problema è che tanta propensione creativa, eticamente apprezzabile, alla fine lascia un po’ poco, se non l’impressione abbastanza netta di un’occasione persa.
Cercherò di spiegarmi meglio … non ci sono dubbi che Matti Norlin e Fredrik Haake, fondatori del progetto, e il loro sodale Lennart Zethzon, siano musicisti competenti e ingegnosi, tuttavia ritengo che la loro esigenza di “originalità” travalichi il concetto di “godibilità” musicale, arrivando a sorprendere l’intelletto dell’astante senza riuscire a sollecitare in profondità la totalità delle sue facoltà sensoriali.
Una conferma, insomma, che contaminazione e innovazione rappresentano un pericolosissimo terreno minato e che raramente un “rompicapo” sonoro diventa anche un’esperienza emotiva piena e appagante.
Volendo aggiungere un pizzico di gusto per l’iperbole “sensazionalistica” potremmo asserire che non si diventa Primus, Minutemen, King Crimson o Black Flag per “caso” e anche senza scomodare paragoni (troppo) illustri diciamo solamente che i fraseggi cacofonici e gli accostamenti ispidi di “If it hurts it must be good” non sempre hanno la necessaria forza espressiva per convincere e superare una forma di auto-indulgenza abbastanza spiccata.
Alla fine i momenti migliori dell’opera finiscono per essere quelli in qualche maniera maggiormente “convenzionali” (“Trapdoor”, “In the eye of the storm”, “Traitor” e “Yep to come”) oppure gli episodi in cui il blues è una semplice suggestione immersa in nevrotiche accelerazioni dal clima “industriale” (“Reap what you sow”).
Continuiamo a essere avidi di suoni nuovi, “strani” e stimolanti e a plaudere chi ha l’audacia e la personalità di frequentarli, ma per ora assegniamo ai vivaci Badge solo una sufficienza, in attesa che nella loro perizia e nel loro eclettismo si accenda anche la scintilla dell’emozione.
Recensione a cura di Marco Aimasso

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?
Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.