L’intensa voce di
Terry Jones ci colpisce con il suo senso di malinconica ineluttabilità a due anni dalla sua scomparsa.
I
Pagan Altar si sono sempre identificati con il loro leader, il motore che li ha mantenuti in vita nonostante una carriera avara di grandi soddisfazioni. Una di quelle formazioni che rientrano nella categoria “
avrebbero meritato di più”, paladini dell’underground doom rock intrecciato con lo spirito della Nwobhm. Adesso siamo probabilmente all’ultimo capitolo di una pluri-decennale avventura: il figlio di
Terry, Alan, ha fortemente voluto la pubblicazione di questo disco, ri-registrando le parti strumentali ed unendole alle vocals realizzate dal padre prima della sua morte.
Ne esce fuori un piccolo gioiello di oscurità avvolgente, gravido di atmosfere che evocano le brume della campagna britannica, le tradizioni celtico-pagane, l’occultismo stregonesco ed il misticismo sabbathiano.
Brani come “
Rising of the dead” o “
Dance of the vampires”, con le loro cadenze insinuanti e la raffinata architettura chitarristica, sono esemplari della commistione tra la tradizione heavy rock primi-80 e le vibrazioni più contemporanee.che hanno sempre caratterizzato i lavori di questa band. Bella anche la cavalcata della title-track, tra dinamismo energico e nostalgia nebbiosa con derive folk che eccheggiano addirittura i Jethro Tull, così come la lunga e raffinata “
The ripper”, segnata dalla suadente prestazione vocale di
Jones.
Se si tratta di testamento artistico è un testamento di classe e qualità, che suggerisco a tutti gli amanti del doom-rock classico ed ovviamente ai fans di questa piccola grande band.
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