La mia attenzione nei confronti dei
CyHra è stata indubbiamente catalizzata dalla presenza di
Jesper Strömblad, che ha fatto grandi cose, prima che le loro strade si separassero, con gli In Flames ma anche con gli Hammerfall. Non ha fatto certo poi male ritrovare anche un altro paio di illustri "ex": il bassista
Peter Iwers (pure lui a lungo negli In Flames) ed il cantante
Jake E (dai Dreamland e in passato negli Amaranthe), mentre a completare il gruppo ecco l'esperto
Alex Landenburg (batterista nei Luca Turilli's Rhapsody e Mekong Delta) e il
chitarista Euge Valovirta (Godsplague ed ex Shining).
Tanta carne al fuoco e quindi c'era pari curiosità nello scoprire dove ci avrebbe portato questo "
Letters to Myself".
Dei gruppi citati, quelli che posso essere tirati in ballo possono essere gli Amaranthe, dato che scopriamo i
CyHra a convogliare grandi manciate di Pop e a dare un taglio moderno, danzereccio ed ammiccante, ad un Heavy già molto melodico di suo.
Niente che faccia gridare al miracolo, infatti, lasciata scorrere l'opener "
Karma", tutto sommato discreta e con qualche reminiscenza del periodo In Flames (soprattutto se ci sforziamo di non coglier quel suo pulsare modernista) e la vivacità di "
Letter to Myself" (che bazzica sul versante dei Kamelot), pezzi come "
Here to Save You", "
Holding Your Breath", "
Rescue Ride" o la melensa "
Inside a Lullaby" al più stappano uno sbadiglio mentre l'attenzione via via si sposta dall'ascolto di "
Letters to Myself " a faccende quotidiane.
E questo non è certo un buon segno.
Nulla da appuntare ai musicisti, anzi le singole prestazioni sono all'altezza del valore dei personaggi coinvolti ("
Black Wings" con un ottimo guitarwork ne è una evidente testimonianza), e la bella prova di
Jake E va indubbiamente sottolineata, ma è il contesto generale ad apparire inconsistente, fiacco e a non convincere.
Tanto ben di dio ... ma "la montagna ha partorito un topolino".
Metal.it
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