Masochismo? Inconfessabile speranza di una rinascita? Rigore “professionale”? Non so nemmeno io cosa mi abbia spinto nuovamente a voler analizzare per la
webzine più gloriosa della
Rete il nuovo lavoro degli
Operation: Mindcrime, l’epilogo di una trilogia che a quanto pare metterà anche la parola “fine” sull’intero progetto.
Della mia inusitata ammirazione per
Geoff Tate e per i Queensryche (quelli veri
eh …) vi ho riferito su queste stesse colonne in più di un’occasione, comprese le dolorosissime recensioni di “
The key” e “
Resurrection”, i primi due parti discografici di un collettivo di musicisti (perché di questo si tratta …) al servizio di un cantante ancora straordinariamente carismatico, intenso, ambizioso, implacabilmente fedele alla sua visione musicale, ma purtroppo anche in pieno stallo creativo.
Tutte valutazioni che sfortunatamente sono applicabili anche a “
The new reality”, l’ennesima dimostrazione di un tumulto ispirativo che non trova sbocchi veramente consistenti, di una confusione stilistica a tratti anche abbastanza affascinante e tuttavia complessivamente priva di un filo logico e soprattutto di una forza espressiva veramente magnetica ed emozionante.
Un miscuglio sconclusionato di
prog,
rock,
elettronica e
metal, in cui le effigi di Queensryche, Genesis,
David Bowie e Pink Floyd scorrono in maniera incoerente e raffazzonata, costituendo un
cut-up che vorrebbe essere sofisticato, metafisico e innovativo e finisce solo per apparire artificioso e futile.
Come già accaduto nei dischi precedenti, nel buio desolante del programma, si scorge anche qualche piccola scintilla … le pulsazioni dell’
opener “
A head long jump”, il discreto impatto di “
Wake me up”, gli effetti stranianti di “
It was always you”, le derive metalliche di “
Under control” e ancora il
crooning Bowie-iano di “
The new reality”, ma si tratta francamente di poca cosa nell’economia di un
album ancora una volta di una mediocrità imbarazzante per un uomo che ha contribuito a elargire alla storia del
rock almeno un paio di autentici capolavori.
Chissà che ora, libero da un
concept e da un
monicker così impegnativi e ossessivi,
Geoff trovi la “leggerezza” mentale necessaria per mettere finalmente a fuoco il suo fermento interiore e intraprendere quella ripresa artistica che tutti i suoi estimatori attendono da (troppo) tempo.
Del resto si dice che dopo aver toccato il fondo, si può solo risalire (i più cinici affermano che in realtà si può anche “scavare” …), e noi saremo qui ad attendere gli sviluppi, con tanta disillusione e un pizzico d’incrollabile fiducia.