"Ofdrykkja" è una parola che vuol dire "bere eccessivamente".
Sin dal monicker scelto abbiamo un indizio sul concept intorno al quale il gruppo svedese costruisce la sua musica: l'alcol è un rimedio alla disperazione, al male di vivere, all'odio per se stessi.
Anche se peggiora tutto.
Questo album, il secondo, è un costante peggiorare verso il niente.
Depressive Rock e Depressive Black Metal in una unica colata di dolore.
Questo è ciò che suonano gli
Ofdrykkja e lo fanno dannatamente bene, anzi male perché in queste note vive tutto ciò che è malato, tutto ciò che conduce inevitabilmente verso la fine, verso il buio, verso quei luoghi dai quali non si torna indietro.
Tanti, tantissimi, gruppi si sono cimentati e si cimentano con queste sonorità disperate, ma solo pochi riescono realmente ad esprimere la sofferenza, a farti sentire l'odore del sangue delle proprie ferite, a farti vomitare per la nausea di vivere, a farti assaporare l'asprezza delle lacrime.
Un album del genere è la pura catarsi del dolore, il vostro e quello dei suoi autori.
Risulta inutile, e superficiale, parlare della tecnica strumentale, della produzione (ottima), delle vocals rabbiose o quasi sussurate, dei mid tempos angoscianti, delle chitarre piagnucolanti, degli arpeggi tristi... qui conta solo ed esclusivamente la sofferenza resa come meglio non si potrebbe fare perché chi la sta dipingendo la sta anche vivendo.
Siamo al cospetto di un disco spaventoso, dal quale non uscirete più come prima... se ne uscirete.
Io amo la disperazione in musica e ringrazio gli
Ofdrykkja per avermene regalato un esempio magnifico attraverso i lunghi ed emozionanti brani di
"Irrfärd".
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