La discografia attuale ci ha abituato ai “ritorni” più disparati e “inattesi”, ma mentirei se non ammettessi di essermi meravigliato alla notizia di un nuovo albo dei
Black Hole,
prime mover della scena
doom/dark italica, ormai consegnati, almeno così credevo, all’imperitura “storia” del genere e ai suoi numerosi viscerali estimatori.
L’ultimo “segnale” proveniente dalla tenebrosa e sfuggente creatura di
Roberto "Robert Measles" Morbioli era stata la ristampa di “
Living mask” (il secondo
full-length dei veronesi, contenente registrazioni del periodo 1988/89 e rimasto inedito fino alla riedizione del 2000 curata dalla stessa
Andromeda Relix, poi replicata nel 2014 grazie alla Jolly Roger Records) e apprendere che “
Evil in the dark” era d’imminente pubblicazione, mi ha lasciato pressoché attonito.
Ora che il disco, frutto di sessioni risalenti ai primi anni ’90, sviluppate e affiancate da materiale inedito, è finalmente stato sottoposto al giudizio del mio ansioso apparato
cardio-uditivo, la prima reazione che ne ricavo è un senso di prepotente disorientamento.
Una percezione non del tutto inaspettata, visti i precedenti di una formazione “impegnativa”, che non si è mai assoggettata alla dittatura dei
cliché, e che tuttavia in qualche modo appare più intensa del previsto.
Non è dunque per niente agevole convertire in “parole” gli effetti di questa espressività cupa e claustrofobica, di una musica imbevuta di elettronica, di scorie
doom,
new wave e umori cosmici e lisergici, che sa di liturgia gotica e appare sghemba, dissonante, ossessiva fino a lambire i limiti della monocromia e talmente imprevedibile da apparire quasi disarticolata.
Siamo di fronte ad una sorta di evocazione delle forze primordiali che disciplinano la vita e la morte, a un dramma spirituale fatto di mistero, oscurità, esoterismo e sgomento, che prende forma attraverso un delirio di suoni tetri, aspri e terrificanti, in grado di aggredire sensi e cervello, trasformando alienazione e angoscia in un’urticante e conturbante carica emozionale.
La voce di
Measles, algida e tuttavia non priva di uno strano calore che ti avvolge senza riscaldare, sembra davvero arrivare da un “altro mondo” … a voi scegliere se si tratta dell’aldilà o da un universo extraterrestre (magari da
entrambi … vedasi anche la copertina dell’opera), per poi lasciarsi rapire dal trascendente magnetismo e dai sinistri presagi che esala a ogni emissione fonatoria.
Nulla che possa essere apprezzato da superficiali adoratori della teologia “rovesciata”, insomma, un lavoro ostico nelle sue strutture e in una resa sonora volutamente scarna e spigolosa, ottenuta senza sfruttare i “trucchi” della tecnologia contemporanea.
Come spesso accade quando ci si trova al cospetto di forme artistiche all’insegna della sperimentazione e della totale mancanza di compromessi, il confine tra genio e autocompiacimento è abbastanza esile e ambiguo … lascio all’ascoltatore attento la decisione finale, ma di sicuro “
Evil in the dark” è un album troppo sconcertante, puro e radicale per conquistare un ampio favore e troppo creativo per non sostenere ancora una volta l’idea che menti tanto ispirate, visionarie e “tormentate” erano e restano assolute e preziose rarità.
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