Se vendere oltre 17 milioni di dischi in ambito rock significa automaticamente essersi piegati alle logiche di mercato, rinunciando alla tanto decantata “purezza” artistica in cambio del disprezzato successo di massa, allora i Nickelback sono colpevoli al di là di ogni ragionevole dubbio.
Questa formazione ha sbancato le classifiche di mezzo mondo, collezionato dischi di platino e copertine sui più importanti magazines anche non strettamente musicali, soprattutto ha ottenuto guadagni astronomici grazie ad una formula di semplicità lapalissiana che prevede un mix di rock, grunge e pop melodico a dosaggio variabile, con la fondamentale bravura di aver azzeccato una manciata di singoli del tipo che fa la differenza.
Ascoltando il nuovo album, già salito ai vertici della chart Usa, non traspare però la sensazione di trovarsi di fronte gente che ha venduto l’anima al diavolo del music-business. Tutto sommato l’atmosfera è quella di tanti altri lavori dei tempi moderni dove convivono solidi brani rock old-style ed altri più leggeri e radiofonici, dove si alternano elettricità grintosa ed acustica sdolcinata, dove regna una sorta di equilibrio nell’incertezza che non prevede mete precise ma che allo stesso tempo offre quella varietà caleidoscopica di soluzioni palesemente soddisfacente per l’ascoltatore medio non specializzato.
Ad esempio l’iniziale “Follow you home” è per i miei gusti un gran bel pezzo, hard rock\blues ruvido e lievemente southern che può ricordare una versione ben educata dei C.O.C. o degli Halfway to Gone e dove non a caso compare il barbuto ospite Billy Gibbon (ZZTop), presente anche nel finale di un dignitoso mid-tempo come “Rockstar”. Certo i Nickelback coltivano l’abilità di inserire melodie accattivanti e dannatamente orecchiabili anche in episodi dall’animo grunge, vedi “Fight for all the wrong reasons” o “Next contestant”, che altri riempirebbero di ben diverse vibrazioni cupe ed intimiste e lo stesso accade dove la struttura del brano è puramente rock come la svelta e trascinante “Animals”. Ma ad essere onesti sono tutte canzoni non meno coriacee di tante altre sentite recentemente e che non hanno ricevuto alcuna accusa di esagerata commercialità o di troppa “poppaggine”.
Piuttosto la forte strizzata d’occhio alle esigenze di cassetta si nota nelle ballatone “anima e cuore” tipo “Photograph”, la mielosa “Far away” o la struggente e notturna “If everyone cared”, piazzate chiaramente per bissare il clamoroso successo dei singoli-tormentone del recente passato e che, visti i risultati negli States, hanno fatto nuovamente centro pur sembrando roba abbastanza di routine.
A bilanciare almeno in parte la colata di buoni sentimenti sulle problematiche affettive adolescenziali ci pensa l’inaspettata pesantezza metallica di “Side of a bullet” che scopriamo dedicata, come l’intero album, alla memoria del compianto Dimebag Darrell, oltretutto autore del breve assolo inserito nella canzone stessa grazie al permesso dei famigliari.
Malgrado il certamente sincero omaggio ad un grande del metal non è in tale ambiente che può far breccia un disco dei Nickelback, pur se più duro rispetto al passato come questo. Chi invece ama spaziare nel rock senza porsi limiti particolari può scoprire un disco più interessante e piacevole del previsto, scritto da quattro musicisti dalle facce pulite e dal look dimesso di chi è tutt’altro che malato di divismo.