Sono anni che io e tutti i fan attendevamo il ritorno (ufficiale) di
Keenan nei
Corrosion Of Conformity, ben 13 contando l’uscita di “
In The Arms of God” nel 2005 e finalmente siamo giunti a questo “
No Cross No Crown”, evidentemente registrato nel 2017.
Sono dunque riuscito a convincere il capo ed a ritornare a scrivere su Metal.it dopo anni di assenza, devo dire però che il periodo
Weatherman/Dean/Mullin mi è piaciuto moltissimo, quel ritorno alle sonorità hardcore, grezze ma ispiratissime, ha sfornato due dischi fantastici, due perle che ancora oggi ascolto ripetutamente e che riportano alla memoria dischi all’epoca all’avanguardia, l’omonimo uscito nel 2012 e “
IX” del 2014, e che meritano molto più successo di quello avuto; ma adesso parliamo del nuovo album, siamo qua per questo.
Inizio sottolineando che la stupenda parentesi (chiamiamola pure così)
Down del buon
Pepper ha influito tantissimo come era scontato che fosse (oltre che fisicamente n.d.a.), nella produzione e nella scrittura, di fatto evidentissima in brani come “
Old Disaster”, vero pezzo bomba del disco, e proprio questa influenza è la vera novità presente, questa leggera contaminazione che un po’ lo differisce da “
In The Arms of God” e da tutta la precedente discografia del quartetto di Raleigh.
L’album è un buon concentrato di groove, riverberi e riffoni spaccaculo in pieno stile C.O.C., e non può essere altrimenti visto che gli elementi della band sono dei professori specializzati in questo,
Keenan con la sua Gibson è giustamente ispirato dal suo ritorno,
Mullin dietro le pelli (quanto lo adoro!!! N.d.a.) impartisce ritmi che ricordano i tempi di “
America’s Volume Dealer” e “
Wiseblood” come in “
Nothing Left To Say” ed in “
E.L.M.” ,
Weatherman rilascia virtuosismi pazzeschi e poi c’è Dean, che in realta è Dio, che confeziona tutto alla perfezione, impeccabili i singoli “
Cast The First Stone” e ‘
Wolf Named Crow”, peccato le pause strumentali che interrompono eccessivamente l’ascolto diventando quasi noiose, come "
Matre's Diem", ma per fortuna subito dopo c’è la potentissima “
Forgive Me” (non a caso n.d.a.) che fa tornare la voglia di muovere la testa ed alzare le corna al cielo, degna di nota anche “
The Luddite”, tra le mie preferite, e per finire c’è spazio anche per sonorità più cupe in stille stoner/doom con la titletrack “
No Cross No Crown”.
Insomma, dopo 35 anni i
Corrosion of Conformity riescono ancora a darsi da fare ed a sfornare album che possono rimanere nella storia del genere, nell’attesa e con la speranza di vederli nuovamente in Italia godetevi questo disco che ne vale assolutamente la pena.