Gli
Abysmal Grief sono come la morte: una certezza assoluta.
Credo che il paragone non spiaccia affatto alla compagine genovese, da sempre imbevuta di suggestioni lugubri e sepolcrali. Come immaginerete, non sarà “
Blasphema Secta” a spezzare la catena che allaccia i Nostri alle tenebre; anzi, ho l’impressione che, grazie al nuovo
full length, tale legame sia destinato a rinsaldarsi ulteriormente.
Una certezza, si diceva. In effetti posso rassicurarvi sin d’ora: il mesto annuncio del primo passo falso discografico è ancora una volta rimandato a data da destinarsi.
Non fosse per il
mood funereo che l’album dipana, ci sarebbe davvero di che gioire: ideale continuazione del magnifico “
Strange Rites of Evil” (2015), “
Blasphema Secta” fotografa un gruppo al top della forma, che sa benissimo quel che vuole e sa altrettanto bene come ottenerlo.
Il
doom metal a forti tinte
occult/
dark degli
Abysmal Grief si è fatto ancor più asciutto e basilare rispetto al passato: i riff di
Regen Graves, perfetti nella loro semplicità, s’imprimono nel cervello sin dal primo ascolto, così come le incursioni di
Labes C. Necrothytus all’organo (sempre spettacolare, per inciso, la sua interpretazione canora sospesa tra
growl,
scream e baritono). Anche la sezione ritmica, composta da
Lord Alastair e
Lord of Fog, si mantiene entro i canoni dell’essenzialità, senza smanie di protagonismo che nulla avrebbero a che spartire col
sound proposto.
Quando parlo di asciuttezza, tuttavia, non vorrei venir frainteso: le composizioni rimangono lunghe e piuttosto articolate, pur non risultando mai dispersive.
Spero mi perdonerete per l’espressione ferocemente atecnica, ma non posso esimermi dall’affermare che i brani siano davvero uno più bello dell’altro.
L’ancestrale arrangiamento di violino di “
Behold the Corpse Revived”, la contagiosa linea di tastiera di “
Maleficence” (il cui delizioso sapore mi ha rimembrato quello di alcune vecchie colonne sonore dei Maestri
Goblin), le azzeccatissime
female vocals presenti in “
Witchlord” (che chiamano in causa un altro amore di giovinezza: i
Cradle of Filth di metà anni ‘90), o ancora il tiro micidiale di “
Ruthless Profaners” (vale usare l’aggettivo “
catchy” in un simile contesto?) sono solo alcuni dei dettagli che rendono la
tracklist di “
Blasphema Secta” un inestimabile compendio di oscurità trasposta in note.
Il voto non è ancor più entusiastico solo perché manca un pelo di quantità (tolte le pur apprezzabili intro e interludio “
When Darkness Prevails” rimaniamo con appena quattro brani), ma dal punto di vista qualitativo non mi sovviene un singolo motivo di doglianza.
A differenza di un 2017 discograficamente sciapo, il 2018 è partito col botto: in meno di un mese sono già state avanzate tre autorevoli candidature per la mia
top ten di fine anno. Dopo
Harakiri for the Sky e
Tribulation ecco quindi gli infallibili
Abysmal Grief, autentico patrimonio nazionale da supportare senza se e senza ma.
Per la concorrenza sarà dura fare di meglio.