Vi piacciono Danger Danger, Bon Jovi e Def Leppard?
Sì? Bene, allora innanzi tutto mi congratulo per i vostri gusti musicali … se poi avete già consumato all’inverosimile i loro dischi migliori e non siete mai sazi di
rock melodico arioso e
anthemico, potete rivolgervi anche ai nostri
Midnite City, fondati dall’attuale
frontman dei Tigertailz (e aggiungiamo i “tigrotti” gallesi tra i numi tutelari della formazione …)
Rob Wylde, con il supporto del
drummer Pete Newdeck, noto per la militanza in Newman, Eden's Curse e Blood Red Saints.
Completato da uno sparuto manipolo di valenti musicisti, il gruppo debutta con un albo formalmente “impeccabile”, ma davvero molto oleografico, zeppo di (piacevoli) stereotipi e un po’ lezioso.
“
Midnite city” non è dunque il frutto di una
band dotata di una grande “personalità” e ciò nonostante la sua fruizione risulta complessivamente abbastanza appagante, pur senza lasciare molte tracce di sé nella memoria.
La Leppard-
iana "
We belong”, la notturna “
Last beat of my heart”, la “spezzacuori” "
Everything you meant to me”, la vaporosa “
Can’t wait for the nights” e la
ruffianissima “
Things she said” rappresentano gli episodi salienti di una raccolta che francamente non so quante volte sarò incentivato (dopo aver assolto il mio,
ehm, dovere “professionale” per questa recensione …) a riascoltare, e lo stesso immagino capiterà a tutti gli appassionati del genere, che sono convinto fin dal primo contatto non potranno che rilevare la mancanza di quel guizzo decisivo necessario a farla emergere dalla massa dei prodotti analoghi.
A questo proposito, ricordo che la lista iniziale può essere proficuamente rimpinguata con Defiants e Tokyo Motor Fist, un paio di nomi che, nel medesimo ambito espressivo, hanno “qualche” merito in più dei (per ora) solo discreti
Midnite City.
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