Devo ammetterlo, quando mi sono ritrovato fra le mani
“Sign Of The Dragonhead” non potevo crederci, ero entusiasta dall’idea di ascoltare il successore di
“Kings Of Kings”, in cui i
Leaves’ Eyes, riprendono il discorso del concept dedicato alla storia norvegese, e al contempo incuriosito da come la band si sarebbe comportata dopo l’importante cambio di line-up che ha visto
Elina Siirala prendere il posto della voce storica
Liv Kristine.
E invece, il primo impatto è stata una delusione! tanto che inizialmente parlandone in redazione, avevo deciso di stroncare l’album senza appello.
Da innamorato quale sono per tutto ciò che riguarda la Norvegia, la curiosità per questo album era tanta, viste anche le tematiche trattate nei precedenti lavori dei
Leaves’ Eyes, inoltre lo splendido artwork realizzato da
Stefan Heilemann, con tanto di Drakkar in bella mostra pronta a qualche razzia, ha reso decisamente più appetibile
“Sign Of The Dragonhead” ed ecco che senza perdere altro tempo mi ritrovo immerso nell’ascolto del platter.
Come dicevo il primo impatto mi aveva lasciato basito, non basta una voce femminile dall’estensione da soprano lirico anche perché personalmente pur riconoscendole la giusta bravura non regge col confronto con
Elina il cui contributo in fase di songwriting è stato fondamentale nei precedenti lavori scrivendo la maggior parte dei testi riguardante la Mitologia Nordica e l’era dei Vikinghi.
In alcuni episodi non era ben chiara quale direzione stilistica volesse prendere la band, considerata ancora oggi a tutti gli effetti Shymphonic Metal, pur strizzando l’occhio a tematiche più folk e sopratutto Gothic Metal.
Inoltre mi aspettavo qualcosa di più
epico trattandosi di un album che narra di storie vichinghe, e delle imprese di
Harald Hårfagre, primo re di Norvegia, nonché presunto figlio di
Odino, ma qui devo ammettere che il
"problema" sta nel fatto che il Viking Metal lo sanno faro in pochi e che le aspettative rimarranno sempre deluse se ci si aspetta di trovarsi al cospetto di un
“By The Light of the Northern Star” tanto per citarne uno.
Fortunatamente però ho deciso di aspettare, non mi sono lasciato sopraffare dalla tentazione di scrivere qualcosa della quale in seguito mi sarei pentito, ho quindi deciso di riporre l’album in un cassetto per riascoltarlo qualche giorno dopo a mente “fredda”
Che sorpresa nel scorrere tutta la tracklist, e scoprire che: questo pezzo si ascolta bene,
“Like A Mountain” merita davvero, ma che bel piglio ha questa
“Across The Sea”?
e vogliamo parlare della folkloristica
“Riders On The Wind” che devo ammettere non riesco più a togliermi dalla testa con quel suo riff tanto semplice quando ruffiano.
E così via, al secondo ascolto la sorpresa lascia il posto alla convinzione che si tratta di un album onesto, piacevole seppur non privo di punti deboli evidenti, specialmente nella seconda parte del dischetto, vedi la scialba
“Fires In The North” e soprattutto il pezzo con cui si chiude
“Sign Of The Dragonhead”, ovvero
“Waves Of Euphoria” che coi suoi 8 minuti alla lunga risulta prolissa a tratti noiosa.
D'altra parte è giusto citare
“Fairer Than The Sun” col suo bel refrain, la title-track
“Sign Of The Dragonhead” col suo intercedere deciso e battagliero al pari di
“Jomsborg”.
Altri punti deboli li possiamo segnalare nella strumentale
“Rulers Of Wind And Waves” e nella ballad
“Fairer Than The Sun”, ma qui si entra nel campo dei gusti personali.
In conclusione posso dire di aver fatto bene a dare una seconda possibilità a
"Sign Of The Dragonhead", pur non raggiungendo probabilmente lo spessore dei precedenti lavori, è riuscito comunque a superare l’asticella della sufficienza piena e forse qualcosa in più.
Non mancherà di suscitare interesse a chi ama spingersi nell’ambiente del Symphonic Metal, oltre ovviamente a chi ha apprezzato i vecchi album del combo
Tedesco-Norvegese.
Per chi volesse far suo questo album, il consiglio è comunque sempre quello di non decidere a “scatola chiusa” ma di dargli prima un ascolto.