Perchè i norvegesi
Deathcult abbiano impegnato ben dieci anni a dare un seguito al loro
debut album è, per noi, un mistero.
Fatto sta che i fratelli
Lægreid, accompagnati anche in questa occasione dal leader dei Taake
Hoest, tornano sul mercato discografico con il nuovo
"Cult of the Goat" un album che, a dispetto di un titolo piuttosto infantile, rappresenta un deciso passo in avanti rispetto a quello che avevamo potuto ascoltare all'esordio.
Il Black Metal, quello old style, resta il campo di azione del gruppo ma, questa volta, piuttosto che scimmiottare i Darkthrone, il terzetto di Bergen, città nella quale praticamente tutti si occupano di osannare il diavolo, ci offre una prova decisamente più matura che sa unire la scuola norvegese di Gorgoroth, Taake (soprattutto) e Kampfar (per la latente epicità della proposta) al metal oscuro più "tradizionale" dei Mercyful Fate e di King Diamond in un connubio molto ben riuscito perché in grado di rendere l'ascolto dell'album piacevole, vario e, certo, non monocorde.
I
Deathcult, infatti, si dimostrano abili nel saper variare il loro songwriting alternando, intelligentemente, il classico "gelo" del riffing black con partiture più ragionate, vagamente tendenti al dark, senza trascurare un'anima rock che si amalgama perfettamente all'interno di composizioni mai banali, arrangiate con sapienza, attente alle melodie (sempre oscure) e non per forza votate a stupidi e sterili esercizi di pura velocità.
Insomma,
"Cult of the Goat" è un signor album, chiaramente non rivoluzionario, ma certamente irresistibile per chi nel black metal cerca intelligenza oltre che morte e satana.
Di sicuro, a questo punto, un album per il quale è valsa la pena aspettare tutti questi anni.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?