Ho dovuto aspettare cinque anni prima che i norvegesi
In Vain si decidessero a dare un seguito a quel capolavoro che risponde al nome di "
Ænigma" ma finalmente "
Currents" ha messo fine alla mia attesa.
Il compito che attende questo lavoro, quarto sulla lunga distanza della band di
Johnar Haaland e soci ancora edito da
Indie Recordings, è sicuramente impegnativo soprattutto considerando la grandezza del suo predecessore.
Ebbene a posteriori -e dopo svariati ascolti- posso dire di non aver aspettato invano.
"
Currents", prodotto da un certo
Jens Bogren (Dimmu Borgir, Katatonia, Opeth, Kreator...forse la lista di chi NON ha prodotto è più corta...) nei Fascination Street Studios è un'opera pensata e realizzata dagli
In Vain per raccontare gli immensi cambiamenti a cui assistiamo nei nostri tempi; i flussi di persone, culture e tradizioni che caratterizzano il nostro mondo, le contaminazioni tra le genti, le migrazioni di interi popoli attraverso i continenti e soprattutto i rapidi ed a volte drammatici risvolti che tutto questo ha sullo stile di vita delle generazioni contigue.
E lo stile musicale dei nostri è perfetto per trasmetterci le emozioni che si provano di fronte a tali sommovimenti, perchè non è definibile solo con quell'etichetta "progressive extreme metal" che viene loro spesso attaccata; il loro suono è più complesso, incorpora (proprio come le "correnti" che vogliono farci vedere) svariati elementi a volte in perfetta antitesi tra loro.
Agli strumenti classici infatti gli In Vain accostano partiture di organo hammond, di violoncello, viola, sassofono e violino senza alcuna remora di essere giudicati: a loro non interessa affatto, non è importante ai fini del loro scopo.
Se infatti l'opener "
Seekers of the truth" -grazie anche al lavoro di
Baard Kolstad (Borknagar, Leprous) dietro le pelli- è una perfetta e distruttiva sfuriata death, la successiva "
Soul Adventurer" cambia completamente registro offrendo sonorità progressive, clean vocals, cori ed assoli smaccatamente melodici.
"
Blood we shed" -fedele al tema portante del full length- offre ancora qualcosa di nuovo e dopo un'apertura al fulmicotone si placa e si dispiega in una parte centrale emotivamente toccante con organo e cori, come un fiume di uomini che dopo immani difficoltà incontra una pace improvvisa ed insperata.
Si continua, in un crescendo di bellezza, con "
En Forgangen Tid"(Un tempo passato) nella quale harsh e clean vocals si intersecano e con "
Origin", a mio avviso il pezzo migliore del lotto, che dopo un'introduzione solo di basso regala quasi sei minuti a la Green Carnation di "Light of day...".
Chiudono il disco altri due pezzi strepitosi quali "
As the Black Horde Storms" con le sue sonorità avantgardiane nelle quali i richiami ad Arcturus e Borknagar riecheggiano prepotenti, e "
Standings on the Ground of Mammoths" la chiusura perfetta per un disco del genere, affidata a riffs malinconici, passaggi furiosi ed interludi eterei e delicati, rabbia e disperazione.
Un disco da non perdere, da ascoltare ed ascoltare ancora assaporandone a lungo le mille sfaccettature, un album che ci restituisce un gruppo in gran forma ed in grado di esprimere appieno il proprio talento con l'unico scopo di scuotere emotivamente chi ascolta.
Per uscite come queste sono disposto ad aspettare tutto il tempo che gli
In Vain riterranno opportuno, sarà tempo ben speso.
In Vain - "
Blood we shed"