Il primo approccio con il secondo album dei norvegesi
Magick Touch è assicurato dal tiro e dal groove irresistibile e piacevolmente retrò che permea l'opener "
Under the Gun", ma non gli sono certo da meno ne l'inflessione alla Thin Lizzy presente su "
The Great Escape", e tantomeno quel guitarwork scippato a Ted Nugent che ci introduce a "
Midnite Sadusa".
E "
Blades, Chains, Whips & Fire" prosegue su questa lunghezza d'onda, con le canzoni che ti scuotono le ossa e si fanno ascoltare con piacere, anche se il trabocchetto del "
che ti ricorda chi" è sempre li in agguato.
Indubbiamente le influenze di questo power trio sono quelle già messe ben in evidenza in occasione del loro album d'esordio, "Electrick Sorcery", che colgono dal meglio della variegata e rigogliosa scena Hard Rock, tanto dei seventies quanto del decennio seguente.
Ecco quindi un marcato tocco melodico dominare su "
Believe In Magick", episodio quasi AOR, per poi cadere nel vortice del Blues (sabbathiano) con "
Polonium Blues", mentre l'omaggio al Glam & Sleaze risponde all'appello con "
Siren Song", e poi noi non possiamo certo metterci dei tappi di cera nelle orecchie per non riconoscere il richiamo spiccatamente Hard delle seguenti "
Lost with All Hands", "
After the Fire" e "
Electrick Sorcery", tutti brani accomunati da una chitarra ruvida e lesta a dettare legge e da dei cori ammiccanti, ma non per questo particolarmente avvincenti. In questo, fa decisamente meglio la conclusiva titletrack, che tra Led Zeppelin e Soundgarden riesce a creare subito un bel mood e poi a tenere sempre alta la tensione.
Sicuramente bravi, ma pur sempre un filo troppo derivativi.
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