Questo è il classico album figlio di un altro tempo.
Gli
Havenlost sono una formazione bolognese nata nel 2010, autrice di un EP dal titolo "
Haven, Lost" nel 2013, completamente rivoluzionata per quanto riguarda line-up ed intenzioni musicali e di nuovo sulla scena a fine 2017 tramite
Hidden Stone Records con questo primo lavoro sulla lunga distanza intitolato "
The Passage".
Come detto, un album completamente al di fuori del contesto storico che stiamo vivendo, in cui l'immagine è tutto e la sostanza viene in secondo piano.
"The Passage" soffre di una produzione abbastanza deficitaria, suoni a volte scolastici, specie per quanto riguarda la tastiera, ed offre un metal progressivo, che spazia da elementi più classici fino a sfociare in un death metal ma di quello adulto, non quello che ci viene spacciato oggi per musica estrema con produzione di plastica e magari una donnina ad ingentilire il tutto con la voce angelica e sensuale.
Già questo sarebbe sufficiente, ma non contenti diciamo che "The Passage" è un disco che va ascoltato per la sua interezza, non ci sono "singoli" pensati per un ascolto "cotto e mangiato", le migliori cose vengono nella seconda parte del disco, dopo circa un quarto d'ora, quando solitamente lo streaming giovanile concede al primo brano (che è un intro di un minuto e mezzo, altro "errore") giusto una manciata di secondi di chance prima di dire "non mi piace" e skippare altrove.
Detto tutto questo, "The Passage" è un disco che mi ha incuriosito, affascinato, appassionato, ascolto dopo ascolto: con tutti i suoi difetti ma al contempo tutti i suoi pregi, scaturenti fuori uno dopo l'altro man mano che gli ascolti si sovrapponevano. E oggi chi ha tempo e voglia per concedere un'attenzione ripetuta ad un'opera che non è concepita per una funzione usa e getta?
Appunto, un disco NON figlio della sua era, FORTUNATAMENTE.
Per tutti noi amanti della musica con la M maiuscola e che amiamo approfondire, "The Passage" degli Havenlost è un viaggio interessantissimo, che decolla da"
Nightfall" in poi, con echi di melodie anni '70 che si mischiano a partiture più estreme, con la voce del chitarrista
Michele Montini adeguatissima sia nei momenti puliti (preferibili) ma anche perfettamente a suo agio con un growl vecchia scuola difficilmente perfettibile.
L'onirica "
The Passage", il cui sogno viene unicamente rovinato dall'atroce suono delle tastiere, è un trionfo di solismi e ritmiche con un gusto retro' invidiabile, e da lì la corsa verso "
My Casting Shadow" è un delizioso susseguirsi di echi e rimandi novantiani, reintepretati e fatti propri con grande carisma e coraggio: per dirne una, il chorus di "
Closer to Myself" sembra estrapolato dai
Megadeth e messo sotto formalina con i
Phlebotomized olandesi. Irresistibile
La band cita come influenze
Insomnium, Soilwork, In Flames, Destrage ed Ayreon ma, a parte gli ultimi, trovo che sia una descrizione a dir poco fuorviante: mi fossi limitato a leggerne la descrizione su bandcamp o simili, avrei immediatamente cambiato pagina, perdendomi un gran bel lavoro.
Con una produzione e suoni all'altezza (attenzione! non intendo moderni, in questo caso rovinerebbe tutto) sarebbe stato addirittura scintillante.
Bravi.
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