Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2005
Durata:50 min.
Etichetta:Century Media
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. LUMINUM
  2. IN THE KINGDOM WHERE EVERYTHING DIES, THE SKY IS MORTAL
  3. CARRIONSHINE
  4. ADESTE INFIDELIS
  5. THE CURSE OF THE GREAT
  6. THE FRANTIC PACE OF DYING
  7. KEEPING THE CADAVER DOGS BUSY
  8. ANGELSKINGARDEN
  9. THE PESTILENCE THAT WALKETH IN DARKNESS
  10. THE END
  11. ENDLESS CEMETARY

Line up

  • Lord Worm: vocals
  • Alex Auburn: guitars
  • Eric Langlois: bass
  • Flo Mournier: drums

Voto medio utenti

Il ritorno dei Cryptopsy era atteso da tutti gli amanti della scena estrema, anche perché ormai era toppo tempo che la band non dava fuoco alle polveri, e per la precisione da quel discone chiamato “And Then You’ll Beg”.
Nel mezzo ci sono stati nuovi e copiosi avvenimenti, i quali hanno portato la band ad una serie di trasformazioni che cercherò di illustrarvi.
Il cambio principale è stato l’abbandono del singer Mike Di Salvo, singer sui due dischi che hanno dato la celebrità alla band, ovvero il già citato “And Then You’ll Beg” e l’ancora precedente e mastodontico “Whisper Supremacy”. Il muovo singer è un ritorno al passato, con quel Lord Worm che aveva cantato invece sui primi due dischi della band, “Blasphemy Made Flesh” e “None So Vile”. Nel mezzo c’era stato spazio anche per un altro cantante, quel Martin Lacroix che è durato lo spazio di un tour ed un disco live. Il risultato di questi cambi è stato deleterio per la band, premettendo che ero e sono un grande fan di Mike Di Salvo e delle sue vocals sì brutali, ma molto hardcore, in quanto Lord Worm ha perso la brutalità dei primi dischi ed il suo cantato è piuttosto deficitario e resta uno dei punti deboli di questo “Once Was Not”.
Dal punto di vista strettamente musicale e strumentale ha inciso un altro cambiamento di line-up, ovvero l’abbandono del chitarrista John Levasseur, con la conseguente scelta della band di proseguire con una sola chitarra, asciugando il suono e rendendolo più vicino all’essenzialità del death metal.
Il disco frutto della band di fondere l’approccio più brutale dei primi due dischi con quello più tecnico e schizofrenico dei secondi due, col risultato che a tratti è esaltante.
“Once Was Not” esalta la malata schizofrenia di “Whisper Supremacy” e la fonde con l’approccio hardcore, anche a livello di produzione, del successivo “And The You’ll Beg”, spruzzando il tutto con un tocco di vera brutalità esecutiva e concettuale (c’è un ritorno a qualche testo più in linea con le classiche tematiche del death metal). Questo disco è inoltre, soprattutto, uno sfacciato sfoggio di superiorità tecnica e di brutalità di quel mostruoso drummer che risponde al nome di Flo Mournier, il quale a volte sembra voler divorare i restanti compagni d’avventura, salendo in cattedra e travolgendoli con la sua foga.
Si parlava dei difetti e oltre a quello gravissimo chiamato Lord Worm, c’è n'è un altro che può essere visto da un duplice punto di vista, ovvero la estrema cerebralità della proposta che spesso sembra forzatamente cervellotica, e squilibra il disco a favore della tecnica e a scapito della brutalità ma che è anche l’ingrediente principale che sbriciola il cervello dell’ascoltatore. Ma forse se Lord Worm avesse fatto il suo dovere appieno, non si sarebbe notato questo squilibrio ed il disco sarebbe stato perfetto. Tuttavia suonare estremamente tecnici, e questo disco lo è, e al tempo stesso suonare brutali sul serio, è un compito che fino ad ora non è mai riuscito appieno a nessuno. I Cryptopsy ci sono andati molto vicini però.
Venendo alle canzoni, da segnalare sono sicuramente “Adeste Infidelitis”, “Keeping The Cadaver Dogs Busy”, “Angelskingarden”, la quale è una song un po’ atipica e nella quale la band sperimenta ulteriormente. Senza contare l’intro tribale della conclusiva “Endless Cemetary”, costituito da “The End”, dove Flo ci da il colpo di grazia.
In definitiva un disco che tecnicamente è quanto di meglio ci possa essere in giro, ma che ha alcuni evidenti difetti che lasciano il rimpianto e l’amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato. Hanno già inventato i dischi che con un tasto si può escludere uno strumentista, tipo, che ne so, il singer? Ecco, diciamo che questo disco se fosse stato interamente strumentale sarebbe stato da 10 e lode.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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