Arriva a quattro anni di distanza dal precedente "
Dødsverk" il nuovo lavoro dei norvegesi
Horizon Ablaze dal titolo "
The weight of a thousand suns" edito questa volta da
Leviathan Records.Ora, a voler fare il fenomeno a tutti i costi, potrei iniziare facendo un pippone pazzesco sull'evoluzione del suono, sul cambio deciso nel cantare questa volta in inglese al posto della lingua madre della band e via discorrendo.
In realtà ammetto senza problemi di essermi posto di fronte ai nostri non sapendo assolutamente cosa aspettarmi, avendo conoscenza praticamente solo di
Andrè Kvebek per la sua militanza nei 1349 (gruppo che tra l'altro non rientra nei miei ascolti preferiti).
Questo però mi ha anche permesso un approccio sereno e non condizionato da precedenti con la band: e non è stato un incontro facile.
Non è stato semplice perchè "
The weight of a thousand suns" non è un album immediato, è un disco complesso che bisogna far fluire dentro per parecchio per poterne apprezzare la bellezza; ma una volta sedimentato diventa un bisogno quasi fisico.
Ad oggi, dopo parecchi ascolti, posso dire che se "Prometheus: The Discipline of Fire & Demise" degli Emperor avesse avuto un seguito, credo non mi sarei sorpreso fosse molto simile a questo disco.
Ho citato Ihsahn e soci non a caso, basta infatti ascoltare "
She Who Walks Upon The Sea” e “
The End of a Dream" per riscontrare moltissime similitudini con i lavori da solista dell'ex Emperor.
Il disco traspone in note un viaggio nella psiche umana, un tuffo profondo nelle più intime paure e nei più reconditi sogni dell'uomo; ogni brano racconta di un disagio mentale, della battaglia condotta per affrontarlo ma anche per accettare i propri demoni interiori... "
remember when we spoke of demons.." inizia infatti così dopo un intro delicato e struggente "
Ghost of a previous nightmare".
Il tipo di proposta degli
Horizon Ablaze si presta magnificamente per tradurre in musica tanta disperazione, tanto dolore, utilizzando strutture ritmiche death/black accompagnate da parti vocali in scream, growl ed anche pulito per aumentare con i loro contrasti la drammaticità del quadro d'insieme. Merito (non esclusivo, ma sicuramente importante) dei duetti tra
Kvebek e
Ruethemann che in alcuni passaggi ("
The end of a dream") sfiorano l'anima gettandole addosso un'ombra di tristezza.
Non vorrei chiudere con le frasi di rito usuali dopo un disco che colpisce profondamente, pertanto invito semplicemente tutti a godere di questo splendido lavoro: ci sarà tempo per riparlare della sua grandezza tirando le somme al termine del 2018
Horizon Ablaze - "
Insidious"
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?