Secondo album per la band di New Orleans dei
Cane Hill dopo il successo del debutto "
Smile" uscito un paio di anni fa per la potente, in tutti i sensi,
Rise Records che fa nuovamente centro con il secondo album "
Too Far Gone"; checchè ne dica la band stessa che dichiara di aver come riferimento - tra gli altri - gruppi come
Megadeth e
Pantera (ma quando mai??? ma che si fumano per sparare 'ste cose?), ascoltare i Cane Hill provoca uno strano ma piacevole senso di dejavu, quasi di viaggio nel tempo. Sonorità che attingono a piene mani dal NU metal quando a fine '90 inizi 2000 andava tantissimo e sui giornali c'era l'invasione di
Korn, Mudvayne, Slipknot e compagnia bella, ma i Cane Hill fanno di più andando a ripescare ulteriormente nel passato e guardando con fiducia al mondo alternative, specie sponda Seattle, creando un credibile connubio tra rabbia, furia, depressione e malinconia.
Non ci credete? Nemmeno io, ma la musica parla per loro.
Certo, c'è un alternanza di buoni brani ad altri più deboli, meno ispirati ("
Lord of Flies", una delle più canoniche e dentro gli stilemi) o semplicemente più scontati, mentre ce ne sono altri ordinari che convincono ugualmente, come la distruttiva "
Scumbag", la ritmata "
It Follows" che veramente ci porta indietro di 20 anni pari pari o la dirompente opener "
Too Far Gone" che senza mezzi termini ci presenta tutto il potenziale offensivo del quintetto della Lousiana.
Più interessanti e personali le contaminazioni che troviamo via via che il disco scorre, riscontrabili nella grunge-oriented "
Erased" e nella successiva "
Why", arricchita da campionamenti elettronici che contribuiscono alle atmosfere rarefatte di cui gode il disco e che aumentano il mood oscuro ed inquieto di cui amano ammantarsi i Cane Hill, riuscendo peraltro piuttosto bene nell'impresa.
Ottima la produzione ma non vi erano molti dubbi a proposito data la presenza dietro la console di un personaggio di spicco come
Drew Fulk, già al lavoro con i chart-breakers
Motionless In White e nel controverso ultimo disco dei
Fear Factory "
Genexus".
Niente male per una band che è andata a ripescare sonorità di quando i suoi protagonisti erano dei mocciosi o addirittura dovevano ancora nascere (1994 all'incirca), imperdibile per chi rimpiange i tempi andati, in un modo o nell'altro.
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