Al terzo tentativo dopo 12 anni di silenzio (1986-1998) i progster scozzesi realizzano il secondo grande colpo dopo il mitico e fondamentale "The sentinel" (uno dei capisaldi del prog anni '80, inciso per la Emi Harvest, gli valse i primi posti delle charts di Kerrang e numerosi sold-out al Marquee di Londra nel periodo di massimo splendore del fenomeno Marillion, IQ, Pendragon, Twelfth Night). Molte cose sono cambiate da allora: il frontman Euan Lawson ha lasciato il posto ad Alan Reed ed il sound del successivo "The wedge" (1986) ha assunto una matrice più rock alla ricerca di una grande cura dei dettagli e personalità di stile, valori emersi anche dopo 20 anni di fasi alterne coronati splendidamente con l'ottimo live "The blinding darkness" (2002, anche in dvd e con la partecipazione di Lawson), ma quello che per molti sembrava un canto del cigno è diventato dopo 3 anni l'inizio di una nuova fase per la band di Aberdeen. "Il sogno di un uomo può essere l'incubo per un altro", è questo il concetto di base con cui i Pallas modellano con strutture robuste ed inattaccabili 9 perle in cui grandiosità, magniloquenza e modernità del progressive si sposano con la purezza e l'energia del rock, una ricerca sofisticata nel songwriting ed una maturità raggiunta senza mai dar sfoggio smisurato di tecnica o chiamando ripetutamente in causa le solite fonti d'ispirazione, ma bando alle ciance e veniamo al disco.
"Bringer of dreams": inizia disegnando orchestralmente verdi prati delle Highlands a cui fa seguito uno dei primi strepitosi guitar solos di Niall Mathewson (lo stile è quello del miglior Gilmour), poi un lento e minaccioso incedere battagliero ci porta ad un'esplosione sonora di hard-symphonic rock con linee di basso mostruosamente evidenti (al pari del cd dei Sieges Even, questo è un altro disco dove il basso picchia di brutto), maestose aperture strumentali e momenti più calmi evidenziati dal tenue cantato di Alan Reed che fanno presagire improvvisi innalzamenti di ritmo. Come inizio potrebbe già bastare e valere tutti i soldi spesi.
"Warriors": ispirato ai fatti dell'11 settembre 2001, è un pezzo heavy e potente con un feeling violento e marziale scandito dal drumming, un refrain orecchiabile ed un interludio che attenua il ritmo sostenuto (in cui Reed dice "Death comes on silver wings". Ancora il basso di Murray sempre nelle prime file ed un altro guitar solo stupefacente (esercizi di alta scuola new prog degni dei migliori Steve Rothery e Mike Holmes).
"Ghostdancers": Il sogno degli emigranti che partivano dalla Scozia per raggiungere l'America (già in passato tema per "Harbour of tears", concept dei Camel). Violini che suonano atmosfere celtiche e la voce soffusa di Reed che si ravviva con il ritmo quando canta "we're sailing to America on a ship of dreams, going to start a new life", intrisa di toni speranzosi e nostalgici. Ancora un guitar solo centrale e finale che arriva come un raggio di sole seguito dal ritorno alle stesse atmosfere pacate iniziali a cui si aggiungono canti di indiani.
"Too close to the sun": è l'atteso ritorno al le sonorità di "The sentinel": tastiere dal suono cristallino ed imperiale molto new prog anni '80, improvvisi cambi di tempo, melodie corali, momenti acustici, guitar e bass solos (amanti del new prog, la parte centrale strumentale è una vera manna dal cielo che aspettavate da almeno due decenni), richiami alla mitica "Atlantis suite" ("The sentinel"), suoni di arpa celtica ed un crescendo che porta ad un altro guitar solo con in sottofondo atmosfere alla "Atom heart mother" e come se non bastasse a poco più di un minuto dalla fine del brano c'è ancora il tempo per un grande sfogo tastieristico mentre il coro ripete "Don't fly so close to the sun". Applausi, questo è prog.
"Messiah": brano atipico per il Pallas sound, un Led Zeppelin meets new prog dominato dal basso nervoso e vibrante di Murray, la voce di Reed è filtrata nel refrain per renderne il tono più minaccioso, anche un guitar solo lancinante ed il sitar nel break strumentale heavy-rock che sfocia in atmosfere soul con l'arrivo di voci femminili.
"Nortern star": il sogno di casa quando ti trovi su coste lontane. Breve pezzo atmosferico strumentale un po' celtico un po' new age (sembra certe cose di Enya e dei Clannad), ci trasporta col pensiero su qualche spiaggia ventosa delle coste scozzesi.
"Mr Wolfe": (è un impostore che gioca a spese degli altri) ancora basso a manetta e organi da chiesa per un brano di rock oscuro, violento e molto moderno (la band dice di aver preso l'ispirazione dai Muse), altro grande momento per mettere in mostra basso, tastiere alla Rick Wakeman ed un guitar solo sporco e rozzo.
"Invincible": (I am not a number, I'm a free man "It's my life and you can't have it"). Toni marziali da battaglia e poderoso drumming (anche effetti di spade realizzati con i cimbali), è cantata da Reed e da Graeme Murray (voce molto rabbiosa in contrapposizione a quella più calma di Reed), la potenza e l'epicità del ritmo è spezzata da momenti di calma dettati dalle linee di basso e piano, ma i brividi arrivano nel finale quando Alan, partendo da lontano (molto tenue, accompagnato dal piano) sfoga tutta la sua potenza vocale dicendo "I'm invincible", lì parte un guitar solo di indescrivibile bellezza sorretto da una ritmica epico-maestosa ed un drumming da stare senza parole, a mio modesto avviso è uno dei finali più avvincenti nella storia del prog degli ultimi anni.
"The last angel": il cantato etereo e celestiale di Alan dà un senso di raccolta intimità ("Alone in the dark I feel like I'm drowning") e raggiunge gradatamente un crescendo epico-angelico-paradisiaco con l'arrivo di chitarre, basso e sottili ma efficaci strati di tastiere, si fa strada il drumming e parte una sezione strumentale che lascia il posto ad un altro breve momento più sommesso (tastiere e batteria in lontananza ), ma ecco riemergere le grandi tastiere del prog di Wakemaniana memoria, solenni, liturgiche ed imponenti al termine di cui emerge una voce femminile dai toni incantevoli ed operistici, intorno a lei si fa strada un altro momento strumentale volto a creare un'atmosfera sempre più magica (basso e batteria, non c'è più limite alla loro tecnica) chiusa dalle tastiere in tono solenne. "Il paradiso è nel tuo cuore, permettimi di sognare, lasciati andare ascoltando la mia voce": i Pallas così come i Pendragon in "Masquerade overture" includono frasi in italiano e chiudono in tono sognante un disco che parla di sogni, un disco che fino a poco tempo fa qualcuno si sognava di ascoltare, per fortuna il sogno è diventato realtà. E' tornato il prog, è tornato il rock, sono tornati i Pallas !!!!!!
Booklet da infarto e orgasmo puro (sfogliatelo su www.pallas-uk.com) che mescola artwork progressive e foto di floydiana memoria, special edition con bonus disc (remixes e out takes), in più in arrivo 2 cd live con session del periodo anni '80 e un dvd dell'85, mentre già confermata la presenza al Rosfest 2006 (USA) con special guest Euan "The ripper" Lowson.