Copertina 8

Info

Anno di uscita:2005
Durata:128 min.
Etichetta:Inside Out
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SLEEP
  2. START THE FIRE
  3. WHO DO YOU THINK WE ARE
  4. DAY ON MY PILLOW
  5. ROSES
  6. NOT ABOUT US
  7. THE GENTLE ART OF SWIMMING
  8. WASTED LAND
  9. CRAZY LANE
  10. TRYING TO KISS THE SUN
  11. WORLD THROUGH MY EYES
  12. OPEL
  13. CYMBELINE
  14. WELCOME TO THE MACHINE
  15. I DON'T KNOW
  16. HOLE IN THE SKY
  17. NEW STARS ARE BORN

Line up

  • Yogi Land: vocals, keyboards
  • Kalle Wallner: guitars, vocals
  • Chris Postl: bass, vocals
  • Markus Jehle: keyboards
  • Manni Muller: drums

Voto medio utenti

Dire che gli RPWL copiano i Pink Floyd è il modo più veloce e sbrigativo per sbarazzarsene in fretta e passare al prossimo disco da recensire (l'ha fatto anche Rockstar per "World through my eyes"), ma per fortuna i bavaresi non sembrano dare troppo peso a queste critiche e a pochi mesi di distanza sfornano un succulento live registrato durante il tour europeo a Bonn per il programma Rockpalast, cui prende parte anche l'ex bassista Chris Postl ed il tastierista Markus Jehle, il cui lavoro permette così a Yogi Land di dedicarsi totalmente al ruolo di frontman. Scaletta che è formata in gran parte dal fortunato "World through my eyes", distintosi tra le uscite del 2005 per il suo modo fresco e personale di combinare rock psichedelico, neo progressive e pop melodico mettendo più in risalto il lavoro delle chitarre. Pink Floyd e Porcupine Tree, ritmi orientaleggianti, atmosfere rilassanti e trascinanti guidati dalla chitarra di Kalle Wallner e smorzati dal cantato quasi sussurrato di Yogi Land (orecchio ad un breve interludio molto di marca Pendragon) nei 10 minuti di "Sleep", mentre la componente più melodica viene fuori nella soffice "Days on my pillow" (che in questa versione include un passaggio della mitica "I know what i like" dei Genesis), nell'intimità acustica di "Crazy lane" e nel pop anni 80 di "Wasted Land" (molto debitore al sound dei primi U2), ma la grossa sorpresa arriva quando Yogi Land dà il benvenuto sul palco a Ray Wilson per la stupenda pop hit "Roses", un lavoro di chitarra forte e sopraffino, un riff ed un refrain che ti entrano subito piacevolmente in testa e la stupenda performance vocale dell'ex Genesis (con i quali ha militato nello sfortunato e sottovalutato "Calling all station", dopo il quale la sua carriera è rimasta così segnata al punto che ora è quasi costretto a tralasciare la sua produzione solista per proporre dal vivo pezzi dei Genesis o di Phil Collins) che rimane sul palco ancora per un estratto da "Calling all station", la dolce ballad "Not about us", in cui nel finale si sente una tastiera dal forte sapore banksiano. Il cd 1 si chiude con "Trying to kiss the sun", tra suoni etnici e rock ispirato sia ai Pink Floyd che ai più moderni Radiohead, ma la componente prog è ben rappresentata da un grande solo di organo nel finale. Il cd 2 si apre con una versione embrionale in studio di "World through my eyes" in cui si dà più spazio all'improvvisazione e sperimentazione, con risultati nettamente diversi (parti strumentali più allungate e struttura ancora posticcia) dalla versione definitiva, il ritorno al live è formato dal trittico di tributo ai Pink Floyd (d'altro canto gli RPWL ai loro esordi erano una loro cover band): "Opel", "Cymbaline" e la ben più famosa "Welcome to machine", eseguite con personalità ed un lieve tocco moderno ma senza per questo nulla togliere alle originali (grande e vicinissima a Waters e Gilmour la voce di Land), si ritorna con il pop melodico di ampio respiro guidato dalle chitarre ("I don't know", come sempre sottile ma efficace il lavoro alle tastiere) e si finisce con i 10 minuti di "Hole in the sky" (rock psichedelico-melodico ancora fortemente influenzato da Pink Floyd e certe cose degli Anathema più distesi e rilassanti). Finita la parte live, ecco la bonus track "New stars are born", già presente nella versione in SACD di "World through my eyes" ma in versione ridotta (7 minuti che ora passano a 12). Forse il loro peggior difetto è stato quello di essere arrivati in leggero ritardo rispetto ai più quotati e riveriti Porcupine Tree con una proposta difficilmente catalogabile e per questo soggetta a rapide stroncature, ma torno a ripetere che la band è ben lontana dall'essere un semplice clone dei Pink Floyd, e se avete un po' di mente aperta e non volete spendere i vostri soldi nell'ennesima copia rimasterizzata o nel solito nuovo cofanetto della band di Gilmour, cominciate ad "accendere il fuoco" ed alimentare la fiamma della buona musica con questo live, sono certo che non ve ne pentirete.
Recensione a cura di Carlo Viano

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