Una delle caratteristiche che contraddistingue i grandi artisti, a prescindere dal tipo di arte in cui si cimentano, è la loro immediata riconoscibilità, la loro "personalità".
I Varathron non fanno eccezione.
Bastano poche note del nuovo
"Patriarchs of Evil", sesto lavoro di lunga durata per il gruppo dell'Epiro, per catapultarti tra le spire maligne del loro Hellenic Black Metal.
Bastano pochi accordi, poi, a capire di essere di fronte a qualcosa di prezioso, a qualcosa che possiamo definire capolavoro.
Perché, senza inutili giri di parole e senza abusare del termine, questo album altro non è che un autentico capolavoro: otto brani semplicemente strepitosi che, con classe sopraffina, mescolano oscurità, epicità, folklore, brutalità e "Grecia" in un costante fluire di emozioni, di trovate melodiche stupefacenti, di violenza scardinante, di potenza asfissiante e rituali dimenticati per un risultato finale di qualità elevatissima perché rara.
I
Varathron sono, indiscutibilmente, Maestri.
Insieme ai conterranei Rotting Christ, sono i migliori interpreti del particolarissimo Black Metal della loro Nazione ed oggi, esattamente come venticinque anni fa, continuano ad impartire lezioni di stile a tutta una scena estrema che, sempre più spesso, è solo ed esclusivamente apparenza, orfana, quindi, del vero spirito che dovrebbe animarla.
Spirito, invece, che brani come le meravigliose,
"Remnants of the Dark Testament",
"Saturnian Sect",
"Tenebrous",
"Luciferian Mystical Awakening" o, sinceramente, ogni altro tassello che compone questo album (davvero difficile scegliere un pezzo migliore dell'altro), emerge prorompente in tutta la sua carica mediterranea fatta di occultismo, di intrecci contorti e magniloquenti, di tecnica sopraffina, di armonie magiche, e, soprattutto, di immutata passione per un genere musicale, a mio parere, unico ed inimitabile.
Esattamente come sono, e come lo sono sempre stati, i
Varathron.
Per quanto mi riguarda, disco dell'anno.
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