Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:55 min.
Etichetta:Self-Produced

Tracklist

  1. DOORWAY TO HEAVEN
  2. WIDOW AND THE RAVEN
  3. AMBITION'S PRICE
  4. HERO OF TIME
  5. THE GATES
  6. THE UNSPOKEN
  7. RETURN TO ME
  8. CALL OF THE FROSTWOLVES - I. SLAVE
  9. CALL OF THE FROSTWOLVES - II. LIBERATOR
  10. CALL OF THE FROSTWOLVES - III. WARCHIEF
  11. EDEN ABLAZE

Line up

  • Roman Anderson: drums
  • Benjamin Armstrong: bass
  • Heather Michele: vocals
  • William Lloyd Walker III: guitars
  • Aaron Robitsch: guitars

Voto medio utenti

Tra sperimentare o battere strade già battute da altri gli americani Graveshadow decidono di posizionarsi saldamente nel mezzo. La band guidata da Heather Michele - che mette a sistema symphonic, gothic, power, heavy e thrash metal - osa il minimo indispensabile, e quando lo fa non è sempre convincente al 100% (sul growl della bella cantante proprio non ci siamo).

L'attacco deciso di "Doorway To Heaven" lascia ben sperare, nonostante una produzione un po' pasticciata. La successiva "Widow And The Raven" spicca per la componente sinfonica più pronunciata ma mai invadente, prima della pesante, massiccia - ma melodica - titletrack. "Hero Of Time" è una traccia breve ed essenziale a cavallo tra power metal e hard rock che sfocia nella ballad non troppo scontata "The Gates" (peccato sempre per quel growl indecente). "The Unspoken" è battagliera, quasi manowariana, mentre "Return To Me" scimmiotta velatamente la band di Amy Lee. Il trittico che va a comporre "Call Of The Frostwolves" estremizza il suono del quintetto che si tinge di heavy, di thrash e di un pizzico di death, con un occhio di riguardo per il groove sempre coinvolgente. Colpisce la scelta di chiudere "Ambition's Price" con un mid-tempo dal taglio epico ("Eden Ablaze"), ma a conti fatti il brano non stona nemmeno così tanto.

Non è cambiato molto dal precedente "Nocturnal Resurrection". Passi in avanti ne sono stati fatti, senza dubbio, ma parlare dei Graveshadow come di una "band imprescindibile" è ancora decisamente fuori luogo.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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