I norvegesi
Ring Van Möbius ci fanno fare un altro bel (?) salto negli Anni Settanta, ma almeno hanno il buon gusto di ispirarsi a band leggermente meno note del panorama progressivo.
La formazione a tre con le tastiere protagoniste farebbe subito pensare agli Emerson Lake & Palmer o ai Nice, ma i nostri prediligono il sound spigoloso e "anarchico" di band come Van Der Graaf Generator, Egg o Greenslade.
L'introduttiva titletrack spicca per le linee vocali di chiara matrice
Peter Hamill, mentre il Mellotron di
Thor non può non ricordare i
King Crimson delle origini. Nella formula c'è anche del prog italiano (quello più ostico di Balletto Di Bronzo, Area e The Trip), ma la cosa passa quasi inosservata nei 22 minuti di magma sonoro messi insieme dalla band. La successiva
"End Of Greatness" è un "quasi-plagio" di
"Epitaph" della band di
Robert Fripp (i timpani sono la prova schiacciante) prima della conclusiva
"Chasing The Horizon", episodio di 11 minuti che, dopo un intro di emersoniana memoria, sfociano presto in una versione ridotta di
"A Plague Of Lighthouse Keepers" dettata dal motto "più è dissonante, più è figo".
In conclusione, continuo a preferire gli originali, ma apprezzo la scelta della fonti.
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