Copertina 8

Info

Anno di uscita:2018
Durata:82 min.
Etichetta:Ripple Music

Tracklist

  1. DEATH OF A COUNTRY
  2. NO TRESPASSING
  3. MY WINDOW
  4. LIONS CHRISTIANS
  5. THE QUEEN
  6. OUR HOME
  7. QUESTIONS
  8. REDMAN
  9. MOTHER
  10. HUMBLE
  11. KEEP ON
  12. IDEALIST REALIST
  13. FEEL THE HURT
  14. WINDFAIR
  15. DON'T NEED NOBODY
  16. EXACTLY WHO I AM
  17. SLOW DOWN
  18. FEELS NICE

Line up

  • Frank Ferrara: vocals, bass
  • Frank Gilcken: guitars, vocals
  • Tony Diorio: drums
  • Duris Maxwell: drums
  • Bruce Gary: drums

Voto medio utenti

Ogni musicofilo che si rispetti ha una particolare predilezione per i suoi gruppi “di culto”, formazioni poco note che hanno avuto carriere travagliate, fatte di successi limitati (o addirittura nulli) e che invece ai suoi occhi e orecchi avrebbero meritato molto di più.
Oggi che, in epoca di grande revival, la riscoperta degli “eroi dimenticati” è diventata un trend abbastanza diffuso, tutto è (anche grazie alle immense possibilità della Rete) assai più semplice e il problema, semmai, è orientarsi in un mercato delle ristampe e delle raccolte retrospettive decisamente florido e, forse, non sempre adeguatamente selettivo.
La pubblicazione di questo “The Best of BANG” mi consente con malcelata soddisfazione di trattare brevemente una delle mie personali cult band, che ai tempi faticai non poco ad approfondire, stimolato da informazioni frammentarie e, lo ammetto, da un’iperbolica definizione che voleva i BANG la "risposta americana ai Black Sabbath".
Il gruppo si forma nei primi anni settanta con il tradizionale schieramento power-trio e, in effetti, può essere annoverato tra i progenitori del doom metal, esibendo una personalità espressiva piuttosto composita, che attingeva anche dal folk e dal prog. Il loro primo parto discografico “Death of a country”, rimasto pressoché inedito (era reperibile solo in versione bootleg) fino al 2011, tratteggia le caratteristiche di una formazione dedita a una tipologia piuttosto variegata di hard-rock, ben illustrata in questa selezione dai dieci minuti abbondanti della sua cangiante ed evocativa title-track (impreziosita addirittura da barlumi vocali Byrds/Beatles-iani), dalla soffice “No trespassing” e dall’istintiva liquidità (con rimandi a The Who e Pink Floyd) di “My window”.
Con il secondo “BANG” arriva il prestigioso patrocinio della Capitol Records e con esso una variazione del suono che diviene più pragmatico e cupo, non distante da quello esibito dai ragazzi di Birmingham, di cui i nostri sembrano quasi dei consanguinei artistici d’oltreoceano.
Per farsi un’idea nitida di tale metamorfosi è sufficiente ascoltare l’andamento caliginoso e il cantato Ozzy-esco di “Lions … christians”, “The queen” e della suggestiva “Questions”, che si “permette” addirittura di celebrare in qualche modo il passo dell’immortale “Children of the grave”.
Ancora due frammenti dal secondo albo, “Redman” e “Our home”, confermano l’assoluta competenza di una band che era riuscita ad aumentare l’impatto delle sue interpretazioni senza mortificare oltremodo l’ispirazione.
Con una doppia denominazione (e la relativa separazione tra lato A e B del disco originale), il successivo “Mother / Bow to the king” vede i BANG rimescolare le carte della loro fertile personalità artistica, alternando bucolici hard-rock Zeppelineschi come “Mother” alle digressioni funky di “Keep on”, per poi passare dalle scosse sinistre di “Humble” e “Idealist realist” alle emozionanti atmosfere rarefatte di “Feel the hurt”.
Music” esce nel 1973 ed è un’opera leggermente controversa, zavorrata in parte dalle necessità “commerciali” dell’etichetta e comunque ancora capace di contemplare una magnetica delizia sonica del calibro di “Windfair” (ah, quel mellotron …) e ottimi esempi di un approccio alla materia vario e coinvolgente come “Exactly who I am” e “Don't need nobody”, tutti lodevolmente inclusi nel programma.
Chiudono la ricca rassegna “Feels nice” e “Slow down”, brani tratti da un singolo del 1974, dove l’influenza degli Zeps e dei Grand Funk viene sublimata dalla classe e dal talento di un gruppo che ha lasciato molto ai posteri, ricevendo indietro troppo poco, anche quando il ritorno d’interesse per certe sonorità lo ha portato a riformarsi proponendo un paio di onorevoli lavori autoprodotti (qui non rappresentati).
Se vi piace il “classico” e non l’avete ancora fatto, la doverosa (ri)scoperta dei BANG può tranquillamente iniziare da qui … sono convinto che, oltre ad accrescere la vostra cultura e farvi trascorrere un’ora abbondante di puro sollazzo cardio-uditivo, l’ascolto di questa “vecchia roba”, lontana dai riflettori dei “soliti nomi”, vi servirà anche a soppesare con maggiore chiarezza e lucidità il valore delle nuove generazioni di retro-rockers che affollano la scena contemporanea … utile e dilettevole, insomma … difficile chiedere di meglio.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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