A tre anni dal loro formidabile esordio eponimo, il ritorno dei
Fifth Angel viene accolto con entusiasmo da tutti gli estimatori del
metallo classico, un genere all’alba dei
nineties leggermente in declino nelle strategie dell’allora ancora florido
business discografico.
Con
Terry Brown (storico produttore dei Rush) in cabina di regia, la defezione del funambolico
James Byrd (che avvierà una decorosa carriera solista) e l’ingresso in formazione di
Kendall Bechtel, “
Time will tell” si offre al pubblico dei
defenders iniettato di dosi importanti di melodia, la quale, però (anche se ci fu chi, evidentemente ottenebrato dal miope settarismo o affetto da otopatologie invalidanti, parlò di “tradimento” …) non svilisce in alcun modo la sua fiera appartenenza alla “tradizione”.
Continua, infatti, seppur con una minore predisposizione “bellica”, il ricorso ad ambientazioni sfarzose ed epiche, abilmente coordinate dall’ugola prorompente e sensibile di
Ted Pilot, un credibile e carismatico seguace dell’inarrivabile
R.J. Dio.
L’andamento maestoso di “
Cathedral” rassicura subito i
fans del gruppo americano e la successiva “
Midnight love” aggredisce i sensi di tutti i
class-metallers all’ascolto, sollecitati dal serrato fraseggio chitarristico e da un
refrain di grande impatto.
“
Seven hours”, sostenuta dalle enfatiche scansioni ritmiche di
Ken Mary (in “libera uscita” dai suoi impegni, nel frattempo diventati piuttosto fitti …), mette d’accordo ogni tipologia di
metal-head, mentre la
power ballad “
Broken dreams” ostenta un lirismo e una tensione espressiva di raro valore emozionale.
La
grandeur della
title-track e della suggestiva “
Wait for me” celebrano la versione più “accessibile” della
Dio-band e sempre in tema di omaggi, questa volta espliciti, con un’avvincente trascrizione di "
Lights out” degli immortali UFO, il
Quinto Angelo esibisce la sua eccezionale abilità anche nella riproposizione dei “classici”.
“
Angel of mercy” e la pacata “
So long” mescolano con innato buongusto Scorpions e White Lion, l’impetuosa “
We rule” riscopre l’ardore “guerriero” della
band e “
Feel the heat” pone fine alle ostilità con una melodia molto adescante e non per questo fastidiosamente “ruffiana”.
Come già accaduto per il debutto, la
Metal Blade Records decide di riproporre il disco (nei formati
Cd e vinile) in tutta la sua originale “purezza” (compresa la fascinosa ed enigmatica veste grafica), non rischiando così di appannare, magari con materiale aggiuntivo non all’altezza, la luminosità di un lavoro pressoché perfetto, la cui efficacia non è stata minimamente minata dal trascorrere del tempo … qualora non l’abbiate fatto, non perdete l’occasione di aggiungere alla vostra preziosa collezione un “pezzo” di enorme pregio.
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