I R.K. sono uno scenario fondamentale Del mondo musicale iper-derivativo. E del pianeta artistico mercureo.
Band importante, a tratti, indispensabile. Dal pdvp (punto di vista post: che significa poco...) Sono tra i più alti e vasti.
Il precendente EP aveva immesso uno stato pontificio fluido 'fra" Neurolsis e (Bokor) e Allochiria, mentre
Undertow rappresenta la goccia che vira, tra un "liquido e un altro". Occorre "tuffarsi" oltre la parafrasi musicale, nel non dicibile.
Summon: bellezza allo stato originario. Forza di empietà ragguardevole, capolavoro di scelte e di tese paure ultraUmane.
Dig: fusione tiepida di tribù e stati, di Io e Altro. Psicosomatica, sintetica, Divinatoria, sciamanica. Una cataratta che salta come gli elettroni nei diagrammi di Copenaghen. Un ponte verticale. Un disegno epifisario valido solo nell'animo.
Winter (feat. Mia Govoni): ristoro in un grembo espanso.
Segno di una rinuncia autentica e deiforme. Simile al Sacrificio di Uno verso i Molti. Stordente: con fraseggi finalmente e finemente Normali.
Walk With Reality: Nativa. Insita nel DNA del Mondo.
Rebuilding The Bridge: dissonante? ...l'origine (Pranava nelle Upanishad) e l'urlo di Vita. "di che morte stiamo parlando?"
Hidden Pain: straziata. Gemma insicura. Piatta nel rumore.
Riflessiva negli alti chitarristici. La più urbana del lotto. La meno riuscita nei termini sincretici del "capolavoro".
La più legata allo Sterno. La seconda parte divora la prima in rincorsa intestina. Sublime certezza metallica. Sfiora gli otto decimi.
Struggle: poesia ineffabile, a tratti pacchianamente mistica, cretese e "
avant", creola e cosmopolita. Magnificente.
Io prego perchè s(t)iate assenti quando il superfluo busserà alla vostra porta.
Con E&N... siete (siate) salvi in massa.
Primo capolavoro del 2018.
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