Davvero un ottimo disco quello dei francesi
AORLHAC, che per dare alla luce il successore del loro secondo album "
La cité des vents" hanno impiegato ben otto anni...beh, perlomeno l'attesa è stata ripagata in pieno.
Tramite l'appoggio della sempre più affidabile e competitiva label "
Les Acteurs de l'Ombre Productions", il quartetto transapino fa centro con un disco dedito al black metal anni '90, che riesce a mixare in maniera sapiente ed interessante le varie influenze, da quelle più tradizionali a quelle più estreme, attraversando il campo del classic metal e NWOBHM, con spruzzate (moderate) di folk, epic e deathblack in stile
Dissection del tempi d'oro, ottenendo così un bel melting pot di
Emperor,
Enslaved e la succitata band di
Jon Nodtveidt.
L'unica particolarità - tralasciando l'ovvia difficoltà di reinterpretare ed assemblare le influenze secondo la propria rivisitazione - degli AORLHAC è quella di cantare in francese e vi dirò....ci sta proprio bene, l'effetto è vincente al 100%, anche grazie allo scream di
Spellbound, al secolo
Florian, davvero grintoso ed equilibrato, mai sconfinante in fastidiosi latrati alla Dani Filth, e perfetto nella declamazione delle gesta narrate, davvero inusuali per un lavoro del genere ma oltremodo godibili, ancor di più ovviamente se non dovrete ricorrere come il sottoscritto a Google Translate.
Grandissimo lavoro anche in fase di solista, con assoli veramente magniloquenti che riescono a conferire a "
L'esprit des vents" quell'aura di malevolo e di imperiale, già presente sin dal monicker, trasposizione in occitano della città di Aurillac, dal quale gli Aorlhac appunto provengono.
Dieci brani che non accusano mai un cedimento, tutti terribilmente convincenti grazie a melodie di sottofondo sempre azzeccate e mai banali, che trovano la loro sublimazione in "
La révolte des tuchins", la summa del black metal proposto dagli Aorlhac.
Anche la splendida copertina, peraltro disegnata dal creatore del nuovo logo di Metal.it, e la produzione, così magnificamente anni '90, rendono omaggio ad un black metal che oggigiorno si è perduto, se non riascoltandone le gesta nei migliori album di quel periodo, ma che può rivivere dando una chance ad una band pressochè sconosciuta ma in grado di riscaldare i cuori e raggelare i nostri animi.