Lo ammetto … avendo appreso che nei
Volster suonano due ex-Masquerade (
Henrik Lundberg e
Ulf Andersson), nutrivo la malcelata speranza di ritrovare nel loro debutto la magnificenza di “
Masquerade” e “
Surface of pain”.
Purtroppo in “
Perfect storm” non troviamo né la cromata purezza melodica del primo, né l’equilibrio “contaminato” del secondo (che molti criticarono, a onor del vero …), mentre, se vogliamo, siamo più prossimi al
mood di lavori come “
Flux” e “
In disguise”, dignitosi tentativi di “cerchiobottismo” musicale.
Per chi non fosse a conoscenza di tali precedenti, diciamo che abbiamo a che fare con un
heavy-rock infarcito di buoni spunti melodici, che attinge in parti uguali dal (
post)
grunge e dall’
hard-rock, in una miscellanea che tenta di far convivere
Ozzy Osbourne, Alter Bridge e TNT.
Il risultato è complessivamente abbastanza godibile, alterna il
groove poderoso di “
King of the hill”, “
Heaven or hell”, “
Games of war” (parecchio
Ozzy-esca) e “
Ends with me”, alle armonie maggiormente “aperte” della
title-track, "
Breathless” e dell’eccellente “
Easier said than done”, per finire con il condire il tutto con un tocco esotico, come accade nella pulsante “
Babylon”, o sfociare nei caleidoscopici terreni dell’
hard-blues, solcati con passo sicuro nella pregevole “
Still in love” e con una leggera claudicazione nella meno efficace “
Drifting away”.
Un discreto lavoro realizzato da un gruppo di buon valore, insomma, che se vorrà conseguire una vera espugnazione della sfera sensoriale dei
rockofili dovrà necessariamente aumentare il
grip emozionale delle sue composizioni e magari acquisire anche un pizzico di superiore personalità … di questi tempi, più facile a dirsi che a farsi, ma visto il
pedigree dei
Volster, perché non sperarci?
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