Io ho sempre sostenuto che nel mondo del rock, per sfondare e arrivare dove le persone normali non arriveranno mai, ci vuole una buona dose di faccia tosta. Bisogna puntare in alto, anche forzando un po’ la mano. Allo stesso tempo, però, se si spara forte, bisogna avere le palle per dimostrare che quanto sventolato ai quattro venti corrisponda poi alla realtà, altrimenti si fanno delle figure barbine e si finisce presto nel dimenticatoio.
Queste premessa era necessaria prima di iniziare a parlare di questo disco delle
The Amorettes, in quanto la nota di presentazione inviata dalla casa discografica ce le presenta come scottish hard rock. Ora, sarò anche io che sono un po’ pignolo su certe cose, ma vi assicuro che quando ho iniziato l’ascolto dell’album tutto ho trovato tranne che l’hard rock e l’unica cosa certa di quella definizione è che le nostre tre ragazzotte provengono dalla Scozia. Parlare di rock è già fare un enorme regalo, in quanto spesso e volentieri abbiamo a che fare con canzoncine sull’insulso andante, che sfiorano quasi il pop, e questa non è una bella cosa…
Possibile che nel 2018 la gente ancora non capisca che hard rock non è sinonimo (soltanto) di chitarroni distorti e pestoni sulla batteria? Puoi alzare il volume quanto vuoi, ma se poi le armonizzazioni, le melodie vocali, i ritornelli, non hanno mordente, non puzzano di sudore, di alcol e di piscio, quello che resta sarà sempre e soltanto del misero pop. Punto.
Poi, che le nostre siano anche brave a suonare è un altro discorso, e che nell’album ci sai qualche idea buona qua è là posso ammetterlo, ma è tutto l’insieme che non funziona. Questi sono brani quasi da classifica, un buon produttore avrebbe potuto trasformare le intuizioni del trio in qualcosa di più convincente, ma qui invece ci troviamo nel limbo. Troppo poco pesanti per gli amanti del rock, quello vero, troppo poco pop per sfondare. Da qualche riff sparso e dalle ritmiche essenziali di basso e batteria si intuisce che gli AC/DC siano tra gli ispiratori dell’Amorettes sound, ma manca il mordente, e quando partono i ritornelli si rovina anche quel poco di buono che si è costruito ad inizio brano, visto che spesso
Gil tira fuori anche buoni riff. Se poi sul loro sito leggo ‘Female Motorhead’, beh, traete voi le conclusioni del mio pensiero perché potrei diventare offensivo…
Mi dispiace essere così severo con le scozzesi, ma il rock è cosa seria e va rispettato. Consiglio loro di capire bene quale sia la strada che preferiscono seguire, perché secondo me questo ibrido insulso non le porterà molto lontano… “
Born to break” è un album che non ti lascia dentro nulla e difficilmente, una volta ascoltato, ti verrà voglia di rimetterlo su un’altra volta… Come diceva
Scott Ian: “
Il nu metal? È pop con le chitarre distorte!”. Sostituite nu metal con qualsiasi altro genere rock e metal e il concetto non cambierà…