L'Abruzzo è una regione aspra e selvaggia, perfetta madre per un gruppo come gli
Adragard, riemersi dalle tenebre dopo quasi dieci anni di silenzio, interpreti dello spirito più "puro" del Black Metal, quello nichilista e assolutamente misantropico.
"From the Burning Mist" è un album che sarebbe potuto uscire in Norvegia tra il 1993 ed il 1994, registrato in qualche umida cantina dopo aver ascoltato pietre miliari della nera fiamma come "Under a Funeral Moon", "Aske", "Panzerfaust" o "Pentagram", un album, quindi, che è una sorta di omaggio ad un suono e ad un periodo ormai consegnati alla storia.
Gli
Adragard, tuttavia, non sono semplici emulatori.
Certo, le influenze dei maestri sono piuttosto evidenti, ma esse vengono elaborate in chiave personale tanto che il gruppo arricchisce la propria proposta con inflessioni di matrice funeral doom (soprattutto nella bellissima seconda parte del disco) che esaltano, ulteriormente, l'alone di malvagità, di sdegno e di misantropia che si respira lungo i setti brani di un album affascinante nel suo essere avulso dai canoni spazio temporali odierni.
La registrazione "imperfetta" ma "perfetta" per il messaggio veicolato dalle note, le urla disperate di
Lord Adragard, l'ispiratissimo riffing di
Gemini (
"Morbid Black Chaos" è da manuale...), la sezione ritmica "semplice" ma dannatamente coinvolgente (il suono del basso fa scorrere i brividi lungo la schiena), il packaging privo di colori, la spettrale nenia dell'ultimo brano
"Eremo", l'unico cantato in italiano, completano il quadro grigio dipinto dagli
Adragard e concorrono a farci fare un tuffo indietro nel tempo riconciliandoci con un genere che, ancora, brucia nel cuore, nero, di qualcuno.
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