Uno degli aspetti maggiormente positivi del "mestiere" di recensore è la possibilità di venire in contatto con gruppi "nuovi" (in realtà diciamo semi-nuovi, dal momento che i Dogpound hanno già pubblicato nel 2003 un full-length intitolato "The hellbum") ed essere "costretto" ad ascoltare dei dischi come questo "A night in the gutter", un lavoretto che nelle vesti di "semplice" fruitore di musica molto difficilmente avrebbe attirato la mia attenzione.
Conosciutisi alla Nordic School of Rock Music di Munkfors (e sebbene non conosca nel dettaglio le specifiche riguardanti tale istituto, se esistono strutture formative come queste, non c'è da stupirsi del rilevante standard tecnico normalmente posseduto dalle rock bands scandinave!) i quattro svedesi arrivano dunque al traguardo del secondo album, proponendo uno stuzzicante connubio tra melodie e costruzioni musicali vaporose tipiche della scuola nordica e un sound chitarristico fisico e poderoso, che talvolta si accosta al groove del grunge e del metal "moderno", altre volte esprime derive d'etimologia prog e che comunque si mantiene piuttosto "duro" anche quando le sonorità rispettano più rigorosamente i connotati specifici del melodic hard rock.
Nei casi dove la contaminazione tra i generi aumenta la sua visibilità, i Dogpound sembrano proseguire idealmente ed innanzitutto attitudinalmente il percorso tracciato da due grandi bands come i Masquerade di "Surface of pain" o i Mister Kite di "All in time", anch'esse abilissime nel gioco dei contrasti e, probabilmente non a caso, pure loro provenienti dalla variopinta swedish rock scene.
I riferimenti evocati in questo contesto si chiamano King's X, Galactic Cowboys, Rush, Damn Yankees, impregnati della tradizione A.O.R. statunitense ed inseriti senza troppi ermetismi in un'incastellatura sonora assemblata con il gusto armonico nordeuropeo, il tutto in grado di conferire al quadro generale un effetto abbastanza originale e alquanto gustoso.
La bella voce di Henrik 'Hea' Andersson e i pregevoli arrangiamenti vocali da essa condotti, accompagnati dall'estrosa chitarra di Mikael 'Micke' Dahlqvist (per lui un'esperienza anche nei World Of Silence e nei Godgory), la quale dimostra di aver assimilato uguali indicazioni da quelle di Alex Lifeson, Brad Gillis, Ty Tabor, Jerry Cantrell e anche un po' dalla Gibson Les Paul di Zakk Wylde, sono il vero cuore pulsante di tal esibizione (ottimo, in ogni caso, il telaio ritmico), che regala canzoni egregie e cangianti, capaci spesso di sorprendere piacevolmente, manifestando, in questo modo, un aspetto non così frequente nella discografia attuale.
"5 Seconds away", le belle antinomie di "Still my heart" con il suo finale arabeggiante e quelle persino più attraenti di "Worth the pain" (probabilmente il mio brano preferito in assoluto), l'entusiasmo di "Not by choice", "Sail on" permeata dal feeling dei favolosi autori di "Out of the silent planet", i cambi d'umore di "In another lifetime" e l'incantevole ballata elettro-acustica "Worries of yesterday", decorata dal contributo del flauto suonato dall'ospite Pär Johansson, sono, a mio modo di vedere, i brani maggiormente apprezzabili di un disco complessivamente parecchio riuscito.
Il mio modesto consiglio è di superare un titolo ed una copertina non esattamente abituali per queste coordinate sonore, per una volta rischiare con un nome non proprio "di moda" e dare una possibilità ai Dogpound e al loro suono sufficientemente particolare nonché parecchio competente ed appassionante ... non stravolgerà la Vostra esistenza, magari, ma credo che se se cercate qualche piccola novità in un genere dai confini e dalle caratteristiche spesso alquanto consolidate e non siete "tradizionalisti" convinti, "A night in the gutter" possa essere un buon modo per trascorrere una cinquantina di minuti in gradevole compagnia. Se in futuro sapranno rendere le loro composizioni ancora maggiormente efficaci e le loro melodie leggermente più persuasive potrebbero diventare veramente grandi. Per ora, "solamente" davvero bravi.
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