Ormai sono quasi 30 anni che mi inebrio della musica del diavolo, dei suoi fedeli cantori e delle sue litanie, per cui dovrei essere abituato al peggio, invece riesco ancora a rimanere stupito dalle folli scelte che, talvolta, alcuni artisti fanno … Prendete il nuovo inattesissimo album di
Funeral Mist, in un periodo in cui tutto è immagine, apparenza e social media, viene annunciato una settimana prima della sua release, in maniera molto semplice, con uno stringato quanto essenziale comunicato da parte della
Norma Evangelium Diaboli, senza tanti paroloni o pagliacciate varie (chi ha detto
Dimmu Borgir? … ) Come se non bastasse per disinvogliare il moderno ascoltatore, tutto singoli e tracce random, ad avvicinarsi a
“Hekatomb”, si piazzano in apertura d’album due pezzi ridicoli e obbrobriosi … L’opener è una specie di jam “a cazzo” (si può dire ?) tipica dei gruppi che ad inizio soundcheck suonano qualcosa a caso giusto per scaldarsi …
“In Nomine Domini” ricorda un po’ quanto fatto in
“A New Light” (dal precedente
“Marantha”) ma ha, soprattutto, il mortale difetto di ricordare molto gli ultimi
Satyricon, una band su cui voglio stendere un velo pietoso per come hanno infangato, rovinato e sputtanato la loro storia per sempre … Continua il viaggio della follia con i primi 2’ e 30” di
“Naught But Dead” , ma quando sembra che il baratro musicale sia inevitabile,
Arioch (o
Mortuus se preferite) prende in pugno la scena e sorretto da un riffing incalzante declama la sua maledizione eterna materializzando l’inferno sonoro … Di qui in poi non ci sarà più un solo momento di stanca, i pezzi diventano “improvvisamente” semplici, diretti, feroci e implacabili. I
Funeral Mist di
“Hecatomb” hanno senz’altro ancora la furia di
“Salvation” , ma sono meno caotici e lasciano spazio a delle composizioni più dirette e fulminanti, più classicamente black, grazie ad un riffing assassino e tagliente, una batteria “snella” e a una prova vocale sublime. Chi temeva che la lunga militanza di
Arioch nei
Marduk lo avesse potuto “peggiorare” dovrà ricredersi, anzi, visto che in seno alla band di
Morgan, è solo una comparsata dietro il microfono o poco più, il nostro demone svedese ha ben pensato di dare tutto il meglio del suo talento compositivo per
“Hekatomb” . Mi risulta difficile segnalarvi un pezzo in particolare, soprattutto perché se amate il black tirato, blasfemo, iconoclasta, distruttivo e senza un momento di sosta per rifiatare, qui avrete di che godere. Non mi aspettavo un album del genere, soprattutto dopo il precedente
“Marantha” e dopo aver dovuto sopportare la cocente delusione di
“Viktoria”, ma è vero che la mente dietro le composizioni non è la stessa e per fortuna
Arioch sa ancora come si compone un vero album di black metal. Credetemi sarà un vero viaggio all’inferno lasciarsi mitragliare da
“Shedding Skin” , piuttosto che
“Hosanna” o
“Within The Without” dove a tratti si possono ascoltare i
Marduk assassini del capolavoro
“Panzer Division …” con il quale, volenti o nolenti, hanno stabilito uno nuovo standard nel black metal. L’infernale viaggio si conclude con
“Pallor Mortis” un pezzo nero, malato e perverso che per feeling mi ha fatto rivenire i menti le gelide e mortali atmosfere respirate in
“Coram Sathanae” (da
“Serpent Sermon” of course) ed è stato un brivido di raggelante dolore … Era quasi inevitabile parlare dei
Funeral Mist citando i
Marduk, visto anche le contemporanee nuove release, e avendole ascoltate in successione, non posso che decretare la sconfitta dei
Marduk per ko tecnico …
Funeral Mist è il nero,
Funeral Mist è la morte,
Funeral Mist è il black!