Copertina 6

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2018
Durata:70 min.
Etichetta:Giant Electric Pea

Tracklist

  1. GOLIATH'S MOON
  2. CRIES FOR THE LONELY
  3. THE CROSSROADS
  4. INNOCENCE AND FORTUNE

Line up

  • Sean Timms: keyboards, vocals, saxophone
  • Danny Lopresto: lead vocals, guitar
  • Cam Blokland: guitar, vocals
  • Brody Green: drums, vocals
  • Jez Martin: bass, vocals

Voto medio utenti

Nel nuovo album dei Southern Empire percepisco lo stesso problema che non mi ha mai fatto innamorare degli Unitopia, ovvero la mancanza di un "senso del limite". Ed è un peccato, perché l'esordio della nuova band guidata da Sean Timms aveva tutte le carte in regola per non finire presto nel dimenticatoio.

Purtroppo i quattro brani - per 70 minuti di musica - di "Civilisation" sono un po' troppo anche per il sottoscritto (che è cresciuto a pane e Yes, ndr) ed è davvero faticoso non perdersi nel vortice di note e idee messe in campo dal quintetto australiano.

L'inizio di "Goliath's Moon" è soft, grooveggiante e funky prima di una decisa virata progressiva alla maniera dei Transatlantic e di Neal Morse. In "Cries For The Lonely" si fanno strada tutti i cliché tipici del prog sinfonico fatto di synth in evidenza, tempi dispari, atmosfere epiche e teatrali, e code eroiche (alla "Octavarium" per capirci). Si potrebbero scomodare Flower Kings, Moongarden, Dream Theater, i sopraccitati Yes, ma a che pro? Ad attenderci ci sono infatti i 30 (!) minuti di "The Crossroads", intrigante ma pachidermico collage sonoro a cavallo tra world music, orchestrazioni eleganti, cavalcate heavy, momenti pinfloydiani, accenni bucolici alla Big Big Train, musica latin e oriental, e l'immancabile chiusura alla Neal Morse (ancora!?).

Ci pensa "Innocence And Fortune" a risollevare le sorti del full-length, con il suo connubio più originale - per timbriche e arrangiamenti - tra "antico e moderno" (vi provoco con questa boutade: immaginate di fondere "Heroes Of Sand" degli Angra con "The Knife" dei Genesis). Anche qui un minutaggio più snello avrebbe giovato, ma possiamo chiudere un occhio per il gustoso momento pianistico emersoniano.

Forse si tratta solo di un lavoro frutto della cosiddetta "ansia da prestazione" tipica del secondo album, ma la formula di "Civilisation" mi sembra insidiosa in un'ottica di lungo periodo: è davvero necessario chiedere così tanto a un ascoltatore, per quanto "temerario"? A voi la risposta.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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