Li “inseguo” (seppur con ampi periodi di “pausa” …) dal 1996 e cioè dal momento in cui lessi di loro sul primo numero di “
Andromeda” (la pionieristica
fanzine “retrospettiva” di
Gianni Della Cioppa, poi sfociata in altre importanti iniziative editoriali e nell’etichetta
Andromeda Relix …), all’interno di una simpatica rubrica che si prefiggeva di segnalare, in rigoroso ordine alfabetico, una serie di reliquie sonore meritevoli di riscoperta.
Per anni mi sono chiesto se davvero gli
Universe, nati addirittura nel 1982, forti di musicisti che avevano lavorato con
John Norum e
Joey Tempest (prima del loro successo planetario) e giunti all’esordio eponimo nel 1985, erano davvero degni dei miei “sforzi” di grande estimatore dei Rainbow di cui, secondo quanto avevo appreso, erano dei brillanti epigoni.
Avere la possibilità di appurarlo dopo tanto tempo mi suscita un “brivido” abbastanza particolare, e di questa sensazione non posso che ringraziare la
Pride & Joy Music che ha deciso di ristamparlo (in versione rimasterizzata, limitata a mille copie), sostenendo in parallelo la “seconda vita” artistica del gruppo svedese, iniziata di recente sotto la denominazione
Universe Infinity.
Ritornando a questo “
Universe” diciamo subito che l’attesa è stata ripagata e che l’enciclopedica competenza del buon
Della Cioppa aveva colpito ancora una volta nel segno, dacché l’albo è effettivamente un pregevole esempio di filiazione
Blackmore-iana, declinata secondo una sensibilità tutta scandinava.
Europe, Brazen Abbot, 220 Volt,
Malmsteen o gente meno nota come Silver Mountain e Biscaya possono rappresentare riferimenti utili ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore, che sono sicuro, troverà, in un programma sostanzialmente privo di controindicazioni, una fonte di sostanziosa soddisfazione
cardio-uditiva.
Brani come “
Rolling on”, “
Weekend warrior”, “
Looking for answer” e “
Angel” sono costruiti su melodie ficcanti ed evocative e ostentano pure scorie di
NWOBHM (Judas Priest, primi Praying Mantis, …) e se “
Stories from the old days” ha l’approccio tipico delle
fast-track dell’
Arcobaleno e “
Lonely child” si rivela una
power-ballad di notevole suggestione, “
Woman” aggiunge all’impasto sonico un tocco di UFO e un ritornello di facile assimilazione.
“
Strong vibration” è pura celebrazione
Dio-esca, “
Burning machine” è un efficace
epic-anthem e “
Question of time” pone fine alle ostilità chiamando in causa i Deep Purple.
Con un plauso per le chitarre devote e tuttavia sufficientemente fantasiose di
Per Nilsson e
Michael Kling e per la voce espressiva e fascinosa di
Kjell Walle, concludo questa breve disamina consigliando la riscoperta dell’opera a tutti i sostenitori dell’
hard-rock “classico”, amanti delle belle canzoni e poco interessati al carattere “avventuroso” delle composizioni.
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