Copertina 8

Info

Anno di uscita:2018
Durata:71 min.
Etichetta:Nuclear Blast

Tracklist

  1. NEITO
  2. KORPIKUUSEN KYYNEL
  3. AALLON ALLA
  4. HARMAJA
  5. KOTIKONNUT
  6. KORPPIKALLIOTA
  7. KALLON MALJA
  8. SILLANRAKENTAJA
  9. HENKSELIPOIKA
  10. PELLERVOINEN
  11. RIEMU
  12. KUIN KORPI NUKKUVA
  13. JUOMAMAA
  14. TUTTU ON TIE

Line up

  • Matson: drums
  • Cane: guitars
  • Jonne Järvelä: vocals, guitars
  • Jarkko Aaltonen: bass
  • Tuomas Rounakari: violin
  • Sami Perttula: accordion

Voto medio utenti

Ci sono dischi che affronti con piglio al tempo stesso sfrontato e sereno, coltivando l’intima certezza di conoscerne in anticipo il contenuto. La conseguente recensione, dunque, non potrà che ridursi ad una passeggiata di salute: in fondo, basterà valutare il grado di ispirazione raggiunto da una band dal modus operandi ormai noto agli inquirenti… giusto?

Sbagliato!
A frustrare le mie effimere certezze giunge quest’oggi il nuovo full dei Korpiklaani, “Kulkija”.
Intendiamoci: i Nostri non si sono certo votati al djent. Ciò detto, bisogna ammettere che, pur rimanendo confinata all’interno degli steccati stilistici che abbiamo imparato a conoscere (ed apprezzare, almeno per quanto mi riguarda), la compagine silvana si sia resa protagonista di una prova coraggiosa, per certi versi addirittura sorprendente.

Le premesse erano di quelle ambiziose: concept album, lyrics interamente in lingua madre, 14 tracce spalmate su ben 71 minuti complessivi, ma soprattutto la volontà di imboccare un percorso artistico più maturo, svincolato dagli sguaiati inni etilici del passato…
Il rischio polpettone, insomma, era alto, ma i Korpiklaani l’hanno schivato con inusitata naturalezza.
Trovo che proprio l’aggettivo “naturale” descriva con dovizia l’opera in esame:

- iniziamo dal tema portante, quello del viaggiatore (kulkija, per l’appunto): i testi ne narrano avventure e peregrinazioni, le quali s’intrecciano a loro volta ad eventi e personaggi cari all’immaginario del folklore finnico.
È dunque l’elemento bucolico, da sempre fonte d’ispirazione lirica, ad emergere con forza, materializzando di fronte ai nostri occhi splendidi paesaggi rurali come quello tratteggiato nell’artwork di copertina del fidato Jan Yrlund.
Tutto molto affascinante… purché disponiate di Google Translate;

- passiamo poi al sound, capace di donare ai brani il carattere organico di cui abbisognavano. La volontà di sposare la causa della spontaneità era chiara sin dalla scelta di utilizzare, per le registrazioni, le strumentazioni e gli impianti solitamente impiegati in sede live; a ciò, tuttavia, va aggiunto il magistrale lavoro svolto ai Petrax Studio dal produttore Janne Saksa.
Proseguendo sul solco intrapreso dal precedente “Noita”, infatti, si è raggiunto un bilanciamento perfetto tra le componenti metal e folk che contraddistinguono il combo;

- a ciò si collega strettamente la prestazione dei musici: compatta, coesa, ben oliata, la macchina Korpiklaani avanza senza inciampi e mette in bella mostra la fisarmonica di Sami Perttula ed il violino di Tuomas Rounakari, mai così a loro agio e fondamentali per il buon funzionamento del motore.
Nota di merito anche per la prestazione canora di Jonne, istrionico e carismatico come non mai;

- concludiamo in bellezza con le composizioni. Come scritto in precedenza, il nuovo platter vede i Nostri indossare più volentieri le vesti dei vecchi saggi che rimembrano i bei tempi andati davanti ad un camino che non quelle degli etilisti spiantati pronti a radere al suolo un pub.
Man mano che i brani si dipanano, infatti, veniamo presi per mano da melodie suadenti, riflessive, proprie di chi si guarda indietro rendendosi così conto di quanta strada sia stata percorsa e di quanta fatica sia costato percorrerla (“Kulkija”, ricordiamolo, marca il traguardo del decimo full length).

Se alcune porzioni dell’album mantengono comunque un certo grado di spigliatezza (le frizzanti “Neito”, “Pellervoinen”, “Juomamaa” e “Korpikuusen kyynel”, senza dimenticare il rutilante chorus di “Korppikalliota” ed il simil-valzer di “Kuin korpi nukkuva”), ci accorgiamo tuttavia che a questo giro è la malinconia a farla da padrone.
Penso alla nostalgica “Aallon alla”, alla stupefacente suicide ballad in salsa folk di “Harmaja”, alla luminosa coralità di “Riemu”, alle elegie di “Kotikonnut” e delle doomeggiantiKallon Malja” (il cui incipit mi ha addirittura ricordato i sommi My Dying Bride di “The Angel and the Dark River”) e “Sillanrakentaja” (la quale sfoggia la partecipazione dei pargoletti di Jonne e Cane nel ruolo di guest vocalists) o, ancora, al crepuscolare affresco dipinto dalla conclusiva “Tuttu un tie”.

La tracklist, più in generale, è stata compilata con rara avvedutezza -orrido vocabolo-: le varie anime che compongono il disco s’intrecciano e si disvelano un po' per volta, aumentando l'immersione dell’ascoltatore e forgiando un unicum narrativo/uditivo denso ed avvolgente, che cresce ad ogni passaggio nello stereo (anche questa una rarità in casa Korpiklaani).

Se questo fosse stato l’ennesimo disco fotocopia avrei potuto concludere col più classico dei “se vi sono sempre piaciuti fatelo vostro, altrimenti lasciate pur perdere”. Invece, dal momento che i Korpiklaani hanno profuso uno sforzo che ritengo vada premiato -anche in sede di voto, come avrete notato-, mi permetto di consigliare “Kulkija” a chicchessia, ivi compresi i detrattori che da sempre imputano loro scarsa serietà e profondità.
Potrebbero rimanere piacevolmente sorpresi.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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