Ho via via perso di vista il percorso musicale degli
Atrocity, con il loro costante allontanamento dal Death Metal degli esordi. Senza stare qui a ripercorrere la loro discografia, basta guardare all'evoluzione (o involuzione, a seconda dei punti di vista) che intercorre tra "Todessehnsucht" (1982) e "After the Storm" (2010).
A sorpresa, ecco che nel 2013, allo scoccare del quarto di secolo di attività della formazione tedesca (della line-up originale resta però solo il loro indiscusso leader
Alexander Krull), l'album "Okkult" ce li ha fatti riscoprire "massicci e incazzati". Una terminologia miltare. questa, che calza a pennello non solo con le sonorità del disco ma anche con l'artwork del nuovo "
Okkult II", seconda parte di quella che sarà una trilogia e anticipato l'anno scorso dall'EP "Master of Darkness", con in copertina un manipolo di inquietanti soldati della Wehrmacht con maschera antigas e Schmeisser spianati, ma soprattutto un lotto di brani che mi hanno riconciliato, se non del tutto almeno in larga parte, con gli Atrocity.
Certo, non si tratta di un vero ritorno alle origini, il Death Metal di "
Masters of Darkness" è ammorbidito da un coro di voci femminili e gli assoli sono meno feroci e ferali, ma gli Atrocity sembrano iniziare bene, e con la seguente "
Shadowtaker" rinunciano a ogni fronzolo e picchiano senza tirarsi indietro, con
Alex Krull a maltrattare tanto il microfono quanto le proprie corde vocali. E nel suo complesso "
Okkult II" prosegue su queste coordinate, tra un approccio tipicamente Thrash & Death, arricchito da cori e passaggi orchestrali, ma anche da un paio di ospitate, come quelle dei cantanti
L-G Petrov (prima Entombed e ora Entombed A.D.) su "
Devil's Covenant" e di
Marc Grewe (ex Morgoth) su "
Gates To Oblivion".
Un blend che mediamente ottiene ottimi risultati, grazie alla resa di "
Infernal Sabbath", alla già citate "
Shadowtaker" e "
Devil's Covenant" ma anche della conclusiva "
The Golden Dawn", che bilanciano un paio di episodi sottotono e non particolarmente avvincenti, come "
All Men Must Die" e "
Phantom Ghost".
Quanto siano sinceri questo ritorno al passato e l'aver accantonato le varie e morbose pulsazioni Dark, Symphonic e Gothic, non mi è dato saperlo, ma alla resa dei conti, il presente degli
Atrocity non sembra niente male.
Metal.it
What else?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?