Giunti oramai alla settima release in studio, i
Revocation del guitar hero Dave Davidson escono oggi con questo nuovo
"The Outer Ones" per
Metal Blade e ancora una volta danno prova di possedere una vena creativa apparentemente inesauribile: che sia merito delle straordinarie abilità tecniche della band, della conoscenza quasi maniacale della materia musicale tutta di Davidson o semplicemente di un dono innato non lo so, fatto sta che dopo numerosi e reiterati ascolti possiamo affermare senza timore che i Revocation hanno fatto nuovamente centro. Da un punto di vista stilistico, "The Outer Ones" non apporta grandi innovazioni rispetto a quanto fatto dal gruppo nel recente passato e ci spara nelle orecchie 48 minuti di thrash/death metal ad alto tasso tecnico ma mai autocelebrativo, variegato nelle atmosfere che riesce ad evocare e sempre più appagante ascolto dopo ascolto: il cesellato lavoro di chitarre, ricco di influenze provenienti anche al di fuori dell'ambito strettamente metal, si fa apprezzare mano a mano che gli ascolti del disco si susseguono ed è possibile apprezzare sempre nuovi dettagli, mentre il lavoro dietro alle pelli di Ash Pearson ancora una volta si segnala per fantasia, dinamica e gusto. Diventa praticamente impossibile con brani come la terremotante "Of Unworldy Origin", "That Which Consumes All Things", la titletrack o "Luciferous" non rimanere incantati dai continui cambi di tempo, dalle melodie che comunque rappresentano una parte importante della musica dei Revocation, dai brek che inducono ad un headbanging sfrenato o dagli assoli sempre gustosi di Davidson e Gargiulo, qui somministratici in perfetto equilibrio. Perfino quando i tempi si fanno meno serrati in "A Starless Darkness" la band riesce a mantenere viva l'attenzione dell'ascoltatore ed è capace ricreare un mood cupo ed opprimente senza soffocare l'ascoltatore.
"The Outer Ones" è l'ennesima riprova che i Revocation sono senza dubbio tra le formazioni più longeve ed interessanti del nuovo millennio: il futuro della nostra musica passa da questi ragazzi, e personalmente mi sento di dire che siamo in una botte di ferro.
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