Giunti al secondo album, gli americani
Vandallus riconfermano il loro amore per le sonorità degli eighties, in particolare della NWOBHM
Se quindi da un lato non brillano certo per originalità, dall'altro sono riusciti, grazie alla caparbietà del founder e singer Jason Vanek ( già mente dei Midnight) a rispolverare riff di scuola
Saxon e
Anvil per la gioia dei più nostalgici
La produzione, volutamente "old style" conferisce un tocco vintage in più arricchendo la proposta musicale dei Nostri, che si basa essenzialmente su riff quadrati, ritmiche in 4/4, basso e batteria roboanti e vocals acute e ficcanti.
Non mancano i pezzi più tirati come l'opener "
Infected", ma sono i mid tempo a farla da padrona come la groovy "
Trash Talkin" che ricorda nella base ritmica "
Dallas 1pm" dei Saxon, degne di nota sono anche
"Heart Attacker" e "
Shake Down" che suonano Anvil al 100℅ , la ballad "
Shock" col suo chorus hard rock e le chitarre arpeggiate e da ultimo, in chiusura, la scoppiettante titletrack da cantare a squarciagola.
La capacità dei Vandallus e quella di suonare retrò senza essere banalmente nostalgici, grazie ad un songwriting fresco ed energico seppur derivativo e, a parte un paio di pezzi piuttosto ordinari, l'album scorre via piacevolmente.
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